Amsi, Foad Aodi: “Precariato, una piaga per i medici stranieri”

Sono circa 4 mila i medici provenienti da Paesi a maggioranza musulmana che lavorano in Italia, un’ampia fetta dei 15 mila camici bianchi stranieri che esercitano nella Penisola. Più di 9 su 10, il 92%, sono di religione musulmana, il resto sono invece cristiani maroniti e copti. Come riferisce Foad Aodi, presidente dall’Associazione medici di origine stranieri (Amsi), la percentuale di “quote rosa”, ovvero professioniste provenienti dai Paesi arabi, questa si attesta tra il 15% e 20%, contro il 53% sul totale dei dottori stranieri. Fanno eccezione i medici somali, nel 90% dei casi donne. La specializzazione più diffusa è la ginecologia, seguita da pediatria, chirurgia generale, ortopedia, fisiatria, nefrologia e diabetologia. “In genere si tratta di specializzazioni legate alle maggiori criticità dei Paesi d’origine”, spiega Aodi. “La ginecologia è spesso una di queste”. Ed è un settore, tra l’altro, in cui la sensibilità religiosa ha la sua influenza. “Per la religione musulmana la vita è sacra, vietato quindi l’aborto”, chiarisce il presidente dell’Amsi. “C’è molta attenzione alle fasi iniziali della gravidanza – i primi 40 giorni e i primi 4 mesi, che hanno particolare significato – e l’interruzione è permessa solo in casi di rischio grave per la madre, da qui il ricorso all’obiezione per i medici più osservanti”. Una scelta fatta, però, da questi medici in percentuali molto basse nel nostro Paese, circa il 10%: “molto dipende anche dai Paesi di origine, dal diverso modo di affrontare la questione e, ovviamente, dalle scelte individuali e di coscienza”, aggiunge Aodi. I ginecologi e le ginecologhe straniere in Italia sono anche quelli che hanno più problemi per trovare lavoro, “visto che sono di più: nel Lazio, ad esempio, ci sono 80 pediatri e 75 ginecologi stranieri”. Ed è lo stesso Aodi a ricevere “continuamente lettere di colleghi che non riescono a inserirsi e trovare occupazione”.

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