Villa Tiburtina, cittadini senza risposte

Si aspettavano un appoggio incondizionato dalla istituzione territoriale di prossimità, il IV municipio. Hanno avuto solo dinieghi e un vago impegno, di sapore meramente burocratico più che di volontà politica. Un’altra beffa si aggiunge all’odissea dei cittadini di Rebibbia/Ponte Mammolo, in lotta per la riapertura di Villa Tiburtina da novembre 2020, che speravano nell’appoggio del neo eletto presidente Massimiliano Umberti.  Villa Tiburtina per il quartiere è un presidio indispensabile, con un ampio bacino di utenza. Aperta nel 1970 come sede distaccata del Policlinico Umberto I, la struttura si occupava di diagnosi e riabilitazione di patologie polmonari, specialità penalizzata a Roma dalla chiusura, nel 2015 dell’ospedale Forlanini per volontà regionale. “Era una clinica bella ed efficiente”, è il ricordo dei cittadini del comitato “Riapriamo Villa Tiburtina”. Disponeva della Fisiopatologia respiratoria, della Neurologia e Neuropsichiatria, della Pediatria, di un reparto di Chirurgia ben organizzato e di numerosi ambulatori, indispensabili per snellire le liste di attesa delle strutture pubbliche più inflazionate. L’edificio era entrato nella disponibilità dell’Università Sapienza di Roma a fine anni Sessanta, attraverso la fondazione Eleonora Lorillard Spencer Cenci. I tagli progressivi operati dalla Regione Lazio hanno contribuito allo smantellamento del presidio iniziato nel 2008, anno in cui fu soppresso l’ambulatorio gestito dalla Asl Roma B. Con l’emergenza Covid i cittadini bisognosi di cure e assistenza si sono fatti sentire: mobilitazioni, raccolte firme, cortei nel quartiere ma dalle istituzioni nessun cenno, se non la vaga promessa di realizzare all’interno una casa di comunità, con i fondi del Pnrr, di cui a tutt’oggi non si sa nulla. E dall’assise municipale nessun appoggio: né una risoluzione, un’interrogazione o una mozione. Soltanto una burocratica “richiesta di informazioni alla Regione”.

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