Lgbt+, la Ue organizza corsi formativi nel Lazio

Fuga in avanti sul ddl Zan. Ė proprio il caso di dire che la contestata proposta di legge tesa a combattere l’omotransfobia e affossata in Senato, allontanata dal portone principale rientra dalla finestra. Lo fa attraverso i progetti formativi dedicati agli operatori sanitari di Asl e ospedali. Ė orientato in tal senso il bando per l’ammissione ai corsi di formazione gratuiti sulle tematiche Lgbt+, proposto dall’Unione europea, pubblicato sul sito di LazioCrea, la partecipata regionale e indirizzato ai professionisti che operano in ambito sanitario e sociale nella Regione Lazio. Corsi di 32 ore per 8 incontri, in presenza e online, improntati alla “promozione e la convivenza delle differenze”, con cofinanziamento della Commissione europea, in partenariato con un gruppo di associazioni impegnate sulle problematiche della cosiddetta “fluidità di genere”, tra cui lo storico circolo omosessuale romano “Mario Mieli”. Sono 320 i posti disponibili, con crediti formativi per i partecipanti. Nella descrizione dei temi trattati, si fa esplicito riferimento all’uguaglianza quale valore fondamentale della Ue. Sotto la lente di ingrandimento dei rappresentanti di Bruxelles, ci sarebbero presunti comportamenti discriminatori da parte di professionisti dell’assistenza pubblica “che operano in ambito sociosanitario”, è scritto nel bando. Sarebbero “comportamenti discriminatori spesso inconsapevoli”, testuale. L’obiettivo, sempre dal testo, è “incidere sui pregiudizi e migliorare il benessere di persone Lgbt+ che si rivolgono a professionisti del settore sociosanitario pubblico”. Un progetto ambizioso, a cui potranno partecipare assistenti sociali, psicologi, infermieri, medici, pediatri, operatori del 118 e dell’accoglienza, in servizio presso tutte le Asl e gli ospedali del Lazio. Materie trattate: storia e cultura sui temi Lgbt+, orientamenti sessuali e tutela giuridica, famiglie e genitorialità Lgbt, identità transgender in età evolutiva e adulta, discriminazioni, lo stigma sull’Aids e la prospettiva antropologica delle soggettività coinvolte. Dove non può lo Stato, ci prova la Regione.

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