I fondi Pnrr, ‘atterrano’ alla Asl di Rieti

I fondi del Pnrr atterrano alla Asl di Rieti. Punto di forza della annunciata rivoluzione della sanità locale il “Piano territoriale”, predisposto dalla Asl diretta da Marinella D’Innocenzo che il 26 gennaio, alla presenza dell’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato, ha illustrato le novità previste “per promuovere una sempre più forte ed efficace integrazione tra la rete ospedaliera aziendale e quella territoriale”, comunica in una nota la direzione. Al centro del progetto, volto a “rispondere ai bisogni legati alle fragilità, cronicità ma anche alle acuzie e alla gestione delle patologie a media e bassa complessità”, una robusta idea di riorganizzazione basata sulla attivazione di quattro centrali operative territoriali, sette case di comunità, due ospedali di comunità, uniti al rafforzamento tecnologico della rete sanitaria e sociosanitaria. Un piano ambizioso e realizzabile, considerato che, per la prima volta nella storia della politica sanitaria post riforma 833 del 1978, i finanziamenti complessivi destinati alla sanità territoriale superano le risorse di competenza ospedaliera. Perché il piano decolli veramente, c’è bisogno di provvedere alle assunzioni delle figure professionali, considerato che, a partire dal 2027 i costi di gestione dei nuovi servizi, che ammontano a un importo annuo di 2 miliardi a tutt’oggi non sono ancora finanziati, o meglio godono di risorse insufficienti a garantire i risultati attesi. Per il momento e per la Asl reatina la boccata di ossigeno è significativa, tanto da consentire un importante rinnovamento delle strumentazioni, con l’acquisto di otto apparecchi diagnostici di ultima generazione. In sintesi, come specificato dalla direzione aziendale, “i finanziamenti della Regione Lazio ammontano a 15,3 milioni di euro pianificati per i primi investimenti del Pnrr e del piano nazionale investimenti complementari allo stesso Piano di ripresa e resilienza nella provincia di Rieti”. L’investimento fa parte del più ampio piano riorganizzativo della sanità del Lazio che vede impegnati 700 milioni di euro fino al 2026. Risorse preziose per rispondere adeguatamente ai bisogni di salute della comunità, con nuovi ospedali – la voce edilizia sanitaria è tra le priorità – ma soprattutto sanità del territorio supportata da nuove tecnologie per una offerta di prossimità che sarà sicuramente avvertita dalla comunità come una rivoluzione copernicana. A patto però, di guardare oltre il traguardo del 2026.

I CARDINI DEL PIANO TERRITORIALE

Case della comunità sono strutture sanitarie territoriali, promotrici di un modello di intervento multidisciplinare, sull’impronta delle case della salute. Queste ultime, in alcuni casi, hanno avuto difficoltà organizzative legate all’attuazione dei cosiddetti percorsi diagnostico terapeutici assistenziali. Il cittadino in tali strutture dovrebbe trovare tutti i servizi sanitari di base, il medico di medicina generale e il pediatria, gli specialisti ambulatoriali e altri professionisti (logopedisti, fisioterapisti, tecnici della riabilitazione).

Centrali operative territoriali sono hub (centri di riferimento territoriale, ndr) tecnologicamente avanzati per la presa in carico del cittadino e per il raccordo tra servizi e soggetti coinvolti nel processo assistenziale: attività territoriali, sanitarie e sociosanitarie, ospedaliere e della rete di emergenza-urgenza.  

Ospedali di comunità sono strutture sanitarie della rete territoriale a ricovero breve, destinati a pazienti che necessitano interventi sanitari a bassa intensità clinica. Sono creazioni intermedie tra la rete territoriale e l’ospedale, di norma dotati di 20 posti letto, 40 con capienza al massimo, a gestione prevalentemente infermieristica.

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