Mascherine abbandonate, una bomba ecologica

Mentre assistiamo, moderatamente preoccupati, all’aumento dei contagi da Sars-CoV-2 dovuto a più fattori concomitanti, c’è un’altra epidemia che si sta diffondendo e di cui nessuno si accorge: l’epidemia ambientale da mancato smaltimento di mascherine. Da tempo si è perso il controllo della situazione nelle nostre città e sorprende che a Roma, mentre tutti sono impegnati nel risolvere l’atavico problema dovuto all’accumulo di rifiuti, nessuno si sia premurato di stabilire la corretta gestione di tale tipo di scarto, molto nocivo per l’ambiente. Purtroppo, le troviamo dovunque, in particolare in terra o abbandonate nei posti più impensabili. Sono realizzate per lo più in materiali plastici, a più strati e quindi particolarmente inquinanti e sono considerate rifiuto indifferenziato. Nessuno che si sia premurato di organizzare contenitori specifici, rendendo così le mascherine usate un ulteriore gravame che va a pesare sulla raccolta globale, già appesantita da problemi insormontabili e imperdonabili ritardi. L’allarme deriva dagli immensi quantitativi di mascherine utilizzate: si stima che in Europa ogni giorno 2600 tonnellate di dispositivi di protezione finiscano in discarica o dispersi nell’ambiente. In Italia risulterebbe utilizzato un miliardo di mascherine al mese, pari a 3000 tonnellate di materiale da smaltire: una immensità. E mentre si discute sulla transizione ecologica, ipotizzando un futuro più “green”, uno dei rifiuti più impattanti continua a non avere adeguata collocazione, andando a costituire una vera e propria bomba ecologica, con buona pace dei numerosi seguaci di Greta.

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