Pronto soccorso, il “giorno della marmotta”

File e attese bibliche, ambulanze bloccate ore ed ore e barelle ferme in corridoio, estenuante ricerca dei posti letto: è il quadro allarmante con cui ogni giorno, ormai da anni convivono gli operatori dei servizi di emergenza/urgenza. Studi epidemiologici dimostrano che più del 40% degli accessi in pronto soccorso è rappresentato dalla popolazione ultra 75enne di cui, negli ultimi cinque anni c’è stato un continuo incremento di presenze. Sembra una notizia dell’ultim’ora, una cronaca qualsiasi come quelle che ogni mattina ci accolgono sui quotidiani cittadini e invece è un articolo che sireneonline.it pubblicava nel febbraio 2011, tutti possono verificare cliccando sul nostro archivio. Parliamo del numero zero, il primo pubblicato online di una lunga serie: da anni trattavamo il tema anche nell’edizione cartacea, proponendo svariate soluzioni da parte di esperti, direttori, qualche oculato amministratore, nella più totale indifferenza delle istituzioni preposte a porre rimedio a tale oltraggiosa situazione. Ieri, 17 novembre, a dire basta a questa condizione di immobilismo sono stati i professionisti da anni impegnati in questo inferno. Centinaia, tra medici e infermieri, sono arrivati a Roma da tutta Italia – turni ospedalieri permettendo – nelle piazze del potere, nell’intento di farsi sentire da quelle istituzioni sorde da decenni alle loro istanze. In uno scenografico abbandono dei camici sul selciato, gli “emergentisti” hanno voluto ricordare la carenza dei 4000 colleghi in tutta Italia, 350 solo nel Lazio e rammentare altresì, al ministro della Salute Roberto Speranza, che i 90 milioni da lui inseriti nella manovra di Bilancio sono insufficienti a garantire soluzioni accettabili. Parla per tutti il segretario Simeu, sindacato di categoria, Salvatore Manca: “Ci ritroviamo prostrati ed esausti a combattere una crisi strutturale mai vissuta prima – ha esordito il medico – una situazione per cui si chiede chiarezza e soluzioni immediate al governo italiano”. Non ci si limita a invocare un maggiore afflusso di personale in pronto soccorso, reparto dal quale appena si può ci si trasferisce. Sono indispensabili anche condizioni migliori per non far allontanare i giovani da questa professione, rendendo i pronti soccorsi italiani un servizio “a rischio estinzione”.

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