Fantozzi in paradiso Forlanini nell’abisso

La sede della Regione Lazio rinasce a nuova vita. La notizia non può che far piacere. Il palazzo dello storico quartiere romano della Garbatella, entrato nell’immaginario collettivo come l’ufficio del ragionier Ugo Fantozzi per la fortunata serie di film girati lì dentro, ha di recente riaperto la palazzina B, colpita da un incendio il 16 dicembre 2019. Una ristrutturazione che ha molto innovato nella dislocazione degli spazi, con la creazione di ulteriori locali nell’edificio C aperti ai cittadini e la possibilità di lavoro in ambiente collettivo, l’ultima tendenza che si tende a importare in molti ambiti. Un progetto da 3,7 milioni di euro per il nuovo aspetto della sede istituzionale, ideato dallo studio dell’architetto Flavio Mangione. Quello delle palazzine B e C è solo il primo di una serie di interventi di riqualificazione e messa in sicurezza del mastodontico immobile. Non solo saranno ampliate le aree verdi e pedonali interne. Si procederà alla totale riqualificazione energetica rinnovando completamente l’involucro esterno, con il mantenimento del singolare aspetto, caratterizzato dai quattro corpi semicircolari uniti al centro, che richiama molto i palazzoni del potere di Bruxelles. Il cosiddetto edificio diventerà “green”, innovazione di tendenza, apprezzata dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti sulle pagine social. Inizialmente fu sede dell’Inam, con la riforma che soppresse le mutue passò all’ente regionale che per il suo restyling impiegherà 26 milioni per le opere imminenti e altri 67 milioni saranno diluiti nel triennio, tra adeguamento sismico e quello antincendio. Mentre si magnificano le sorti dell’edificio da “rigenerare”, altri immobili regionali languono nell’abbandono e nella inutilità. Parliamo degli ospedali San Giacomo e Forlanini. Il primo chiuso dal 31 ottobre 2008 con provvedimento dell’allora presidente Piero Marrazzo, l’altro chiuso con decreto di Nicola Zingaretti, in qualità di commissario ad acta, il 30 giugno 2015. Entro breve per il primo si dovranno per forza riaprire le porte – a dispetto della recalcitrante Regione – in seguito a sentenza del Consiglio di Stato che ne decreta la riattivazione. La sorte del Forlanini è invece appesa a una sentenza che, per misteriose motivazioni, è stata sospesa dal Tar a data da stabilire. Casualmente abbiamo ritrovato alcuni documenti che attestano gli investimenti destinati a tali strutture prima che chiudessero i battenti. Per il San Giacomo, nel primo decennio del 2000 sono stati impiegati ben 20 milioni di euro. Più di 10 milioni sono andati alla dotazione di strumentazioni, arredi, ristrutturazione e posa in opera degli apparecchi della diagnostica per immagini e anatomia patologica. Altri 2 milioni 441mila e 384 euro sono andati all’ambulatorio di fronte all’ospedale in via Canova, diventato poi “sostituto” del nosocomio chiuso. Tra le ristrutturazioni si inseriscono i reparti di rianimazione, cardiologia, il servizio farmaceutico e lo spogliatoio del personale. Ulteriori fondi impiegati per la bonifica degli impianti di tutti i servizi, la loro messa a norma e la ristrutturazione del reparto ortopedia. Al Forlanini è andata un po’ peggio: si decise, molti anni prima della chiusura, di dirottare tutte le risorse nel vicino San Camillo che lo avrebbe sostituito, come avvenuto per i 20 milioni deviati da alcuni padiglioni del primo verso il secondo, lasciando per anni le impalcature in piedi, continuando a pagarne il noleggio. Il trasferimento non fu indenne: per realizzare il “Nuovo Forlanini” nel padiglione Marchiafava del nosocomio attiguo furono impiegati 6 milioni e 500.000 euro; il trasferimento degli uffici amministrativi nei locali della mensa costò 1 milione e un altro milione fu impiegato per adeguare a identico scopo la ex ortopedia del Forlanini. Nel 2014 il direttore generale dichiarò addirittura che il trasloco e l’adeguamento del San Camillo sarebbe arrivato a un costo totale di 70 milioni. Per pudore, interrompiamo l’elenco degli “incauti” investimenti di cui siamo a conoscenza. Sarebbe interessante sapere quanto si è risparmiato ogni anno dalla chiusura dei due nosocomi. Sarebbe altresì importante sapere quanto tali chiusure siano costate alla società in termini di vite perdute nelle infinite attese di malati gravi, privi di posto letto. Per non parlare della tragedia Covid per cui si è scelto di accreditare strutture private per poter ricoverare i malati. Soldi pubblici, della collettività (copyright Margaret Thatcher) impiegati per assistere alla lenta morte di due ospedali, beni pubblici di proprietà dei cittadini, nella Regione con l’Irpef più alta d’Italia. Se fosse ancora in vita Fantozzi chissà cosa penserebbe.  

Commenti Facebook:

Commenti