Laboratori analisi, la riorganizzazione nel Lazio mette a rischio esami clinici e posti di lavoro

Non solo taglio di ospedali, servizi, posti letto. Sotto l’implacabile scure del risparmio in sanità, nel Lazio passano anche i laboratori analisi. Dal 2014, i centri prelievi hanno visto una razionalizzazione basata sulla idea di “centralizzazione delle strutture e delle attività”.  La rete dei laboratori regionali è stata così modellata secondo la logica “hub&spoke” (mozzo e raggi, per indicare il principio delle reti cliniche integrate, ndr) che trova nel Lazio la prima sperimentazione a livello nazionale. In base ad accordi interaziendali e convenzioni, sono stati creati 8 hub 27 spoke ma la riorganizzazione ha suscitato non poche polemiche. Uno dei punti di frizione riguarda gli ospedali della Asl Roma 5, che accorpa numerosi centri dell’area tiburtina e del sublacense, i cui ospedali inviano i campioni degli esami clinici all’ospedale romano Sandro Pertini. Dai laboratori analisi di Subiaco, Palestrina, Monterotondo, Tivoli, Palombara, Colleferro – che presumibilmente effettuano prelievi tra le 7:30 e le 11 – le provette debbono arrivare a Roma. Le corrette procedure analitiche prevedono che per avere un responso non inficiato da fattori esterni, tra il prelievo e il processo non debbano passare più di 4 ore, 2 in caso di esami microbiologici di ricerca batterica. Insieme ai timori per la tempistica, sorgono problemi per la temperatura delle provette. Sembra che le stesse siano protette da una sacca termica non refrigerata, con il pericolo della compromissione del risultato dell’esame. Il tutto è riportato nella interrogazione numero 520, presentata al presidente Nicola Zingaretti dalla consigliera regionale di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo il 17 dicembre scorso, a cui non è ancora arrivata una risposta. Timori per il tour de force a cui sono sottoposte le provette prima che vengano processate, sono stati espressi da più parti. Le situazioni più critiche riguardano la provincia. Si pensi, ad esempio,  agli ospedali dei Castelli che fanno capo al Sant’Eugenio o all’ospedale Grassi di Ostia il cui “Hub” di riferimento è il San Camillo o ancora, agli ospedali di Civitavecchia e Bracciano che fanno riferimento al laboratorio centrale del San Filippo Neri. Il razionamento delle prestazioni, con acquisti centralizzati di reagenti e materiali ha consentito, secondo la Regione, un risparmio di 20 milioni. Non sono, a tutt’oggi, quantificati i costi in termini di tempi lunghi, chilometri percorsi, possibile deterioramento dei campioni, pericolo di una errata conservazione con conseguenti danni per la salute. Senza calcolare il riflesso negativo sui posti di lavoro e le emissioni di co2 nell’aria, anch’esse dannose per la salute collettiva. 

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