Presidi sanitari, il debito è rinegoziato

Operazione finanziaria della Regione Lazio per alleggerire gli impegni economici assunti nel 2002

Sanità e finanza, un legame indissolubile. È questo il senso della complessa operazione messa in atto dalla Regione Lazio per rendere 16 strutture, tra ospedali attivi, dismessi e alcuni ambulatori, bene patrimoniale da far fruttare per investimenti nel settore. Tutto inizia nel 2001, quando negli uffici di via Cristoforo Colombo si intraprende una spericolata operazione che mette sul mercato 49 presidi vendendoli a un fondo immobiliare pagando poi l’affitto a una società regionale appositamente costituita, la San.Im. È la cosiddetta “cartolarizzazione”, un sistema che consente di immettere liquidità nelle casse pubbliche risanando il deficit. La giunta Zingaretti ha deciso la “ristrutturazione” di tale debito, riacquistando i titoli emessi in quella circostanza attraverso l’emissione di bond regionali, obbligazioni pari a 469 milioni con il coinvolgimento di investitori internazionali (banche, assicurazioni, fondi di investimento) di Spagna, Belgio, Italia e Regno Unito. Nulla si sa di tali soggetti come non è nota la contropartita. Di sicuro, l’abbattimento del tasso di interesse dei canoni corrisposti dalla Regione dal 6 al 3 per cento e l’estensione della data di scadenza dei bond al 2043 consentirà risparmi, secondo l’assessore al Bilancio Alessandra Sartore, pari a 27 milioni annui nel 2018, 23 milioni dal 2019 al 2023 e ulteriori benefici, non quantificati, nel decennio successivo. Cambiano le modalità ma non la “ratio”: la finanza creativa, se ben usata produce frutti.

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