Sanità del Lazio, inversione di rotta. Dopo anni di tagli, di ospedali chiusi, posti letto insufficienti, bilanci in rosso e poco chiari, si torna a sperare in un capovolgimento di fronte. La certezza che qualcosa si stia muovendo la fornisce l’approvazione della delibera di giunta “Programmazione della rete ospedaliera 2024-2026”. Con il corposo documento di 231 pagine, si ridefinisce la geografia sanitaria del territorio, dotando gli ospedali di 169 letti in più. Non la panacea di tutti mali ma almeno il segnale che il periodo dei tagli lineari è definitivamente chiuso. L’elemento positivo, oltre all’incremento delle possibilità di ricovero, è legato alla modalità da cui deriva questo piano di riorganizzazione: lo studio dei dati epidemiologici. Non tagli lineari guardando alle casse in rosso, nessuna soppressione dovuta alle tendenze politiche del momento o al capriccio di qualche funzionario ma una analisi dei bisogni. Se ne avvertiva da tempo la necessità. Tutte le tendenze sanitarie, domanda, offerta, penuria di servizi e similari, sono state passate al setaccio e su tale base si è cercato di fornire risposte – al netto della pesante eredità economica ricevuta – atte a riequilibrare l’offerta tra Roma e la provincia, a garantire la prossimità delle cure, a recuperare strutture dismesse, a offrire “un’assistenza e una qualità del servizio che assicurino la dignità e il rispetto per i pazienti e per gli operatori sanitari”, ha dichiarato il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, che ha mantenuto la delega alla sanità, su cui si gioca gran parte del suo consenso. Per questo forse, si sbilancia annunciando la realizzazione di cinque nuovi ospedali entro il 2026, anche questa una discutibile eredità della passata amministrazione su cui l’ex assessore alla Sanità Alessio D’Amato puntava fortemente. Da una parte, la svolta ambientale, la difesa del suolo, il recupero dell’esistente, temi su cui anche la Regione Lazio, come moltissime altre istituzioni, sembra in prima linea. Dall’altra, quando si parla di edilizia sanitaria, vengono a cessare tutti i buoni propositi, per dare il via a interminabili procedure, a improbabili inaugurazioni, a ricorrenti balletti degli appalti, per strutture che di suolo ne ruberanno parecchio, qualora venissero realizzate, per fornire non si sa quale assistenza, se prima non si mette mano all’atavica carenza di risorse umane – medici, infermieri, tecnici, ostetriche, operatori – che non sarà certamente colmata nei prossimi tre anni. In compenso, si riaprirà il San Giacomo, con la dotazione di 40 posti letto in lungodegenza. Ma solo dopo il 2026, anno di (im)probabile inaugurazione dei cinque nuovi ospedali.  (Nella foto: il futuro ospedale Tiburtino)

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