Austero, maestoso, testimone di un passato importante, il complesso romano del San Michele, già Istituto di pubblica assistenza e beneficenza, con i suoi 120mila metri quadrati e le 12 palazzine bisognose di restauro è l’emblema della difficoltà con cui le istituzioni gestiscono il prezioso patrimonio nazionale. Neanche il cambio di assetto giuridico come Asp – Azienda di servizi alla persona – è servito, per il momento a risollevarne le sorti e molto si spera dalla nuova presidenza. Al vertice della istituzione regionale, è arrivato da circa un mese Giovanni Libanori, politico di lungo corso, confluito dall’Udc a Fratelli d’Italia, passando per Noi con l’Italia di Maurizio Lupi. Libanori è stato consigliere Cotral, assessore e vicesindaco di Nemi, ridente centro dei Castelli Romani e ora si cimenta con un’altra cittadella, che ha un gran bisogno di essere riorganizzata. In occasione della ricorrenza di Santa Lucia, il 13 dicembre scorso, il San Michele ha ricevuto la visita dell’assessore regionale ai Servizi sociali, Disabilità, Terzo settore, Servizi alla persona, Massimiliano Maselli. Un incontro al vertice, con il neopresidente e il Consiglio di amministrazione, in cui è stata ribadita la volontà di avviare una proficua collaborazione tra Asp e Regione Lazio. L’intento è migliorare i servizi alla persona, con il potenziamento dell’assistenza territoriale ma la più grande istituzione di assistenza è anche sede di un pregiato patrimonio artistico consolidatosi in cinque secoli, per cui fu avviato negli anni passati un percorso di valorizzazione e conoscenza da parte dei cittadini. Un progetto che prende corpo nel 1997, con il primo inventario e catalogazione dei beni in dotazione, redatto dai soprintendenti ai Beni culturali della capitale Claudio Strinati e Adriano La Regina. Grande sostegno arrivò al progetto dal commissario straordinario dell’Istituto Domenico Alessio, fino alla realizzazione del “Museo diffuso del San Michele”, che nell’estate del 2023 ha aperto le porte ai cittadini, con visite guidate curate da Tommaso Strinati, dottore di ricerca in storia dell’arte medievale. Un tesoro ricco di opere pittoriche realizzate tra il XVII e il XIX secolo di scuola veneta, napoletana e ambienti emiliani, romani, marchigiani. Una collezione di arazzi delle scuole artigiane dell’Ipab, nel ricordo dell’antica vocazione dell’istituto di redenzione dei ragazzi sbandati attraverso le scuole di arti e mestieri. Poi sculture marmoree, lignee, in terracotta, oggetti sacri della chiesa di San Michele Arcangelo tra cui campane, tabernacoli, ostensori, crocifissi, calici, ampolle d’altare in argento, bronzo, ottone. E ancora, pregiati reperti archeologici, mobili da sacrestia realizzati tra il XVIII e XIX secolo e infine un fondo librario con testi risalenti alla fine del ‘500, periodo di fondazione dell’ente, che nasce nel 1582. Un vero e proprio cenacolo culturale la cui riscoperta potrebbe nobilitare un territorio – il quartiere di Tormarancia – che ha sempre guardato con distacco a una importante istituzione che non ne è mai diventata parte integrante.

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