Salute: “Creiamo un garante”. Intervista con Mario Falconi

Test, esami, visite in sovrabbondanza oppure casi clinici ad alto rischio prudentemente evitati. E’ la c.d. medicina difensiva, i medici prescrivono indagini ridondanti, spesso non necessarie, per ridurre la loro esposizione a un giudizio di responsabilità da parte dei pazienti per malpractice. Oppure, nel secondo caso, mettono in atto la versione negativa di tale pratica. Ne parliamo con Mario Falconi, presidente dell’Ordine dei Medici di Roma, da anni impegnato ad analizzare e combattere il fenomeno.
Dottor Falconi, siamo di fronte a una escalation senza ritorno?

Se i medici potessero lavorare in condizioni più serene il fenomeno non sarebbe così deflagrante. In Italia tale pratica incide sulla spesa sanitaria per quasi 12 miliardi l’anno, quasi una manovra finanziaria; nel Lazio di miliardi ne impieghiamo 2. Paradossalmente le controversie, seppure in aumento, nella maggior parte dei casi vedono assolto il professionista.
Lei punta l’indice contro un certo tipo di sensazionalismo dei media.
Comunicare è bene per tutto ciò che attiene alla salute, lo scoop a tutti i costi, per fare audience è nefasto. Occorrerebbe creare una Authority di garanzia della salute dei cittadini nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 3 e 32 della Carta costituzionale e un controllo della relativa informazione.
Non è da ieri che lei lo va rivendicando. Si potrà, a breve, invertire la rotta?
Sui tempi brevi non sono ottimista, per il medio/lungo periodo nutro maggiori speranze a patto che si parta immediatamente. Occorre mettere al centro la meritocrazia, restituire alla politica il ruolo di programmazione e non di gestione, intervenire nelle aziende affinché il vero obiettivo sia la qualità più che il risparmio.
Per questo c’è bisogno di interlocutori attenti in Regione.
Nel Lazio affrontiamo mali atavici. La mancanza di programmazione è attribuibile a tutte le giunte che si sono succedute, da almeno vent’anni ad oggi. Non investire sulla medicina del territorio, sull’assistenza domiciliare, sul sistema informativo è stato un grave errore di cui stiamo pagando le conseguenze.
Per questo stato di cose ai suoi colleghi non ha nulla da rimproverare?
Al contrario, noi medici dovremmo recuperare un grado ottimale di umanizzazione che ci permetterebbe di ricreare il clima sereno che tutti auspichiamo in ambito aziendale e ricostruire un rapporto empatico con il paziente.

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