Roma, vertice dei ‘grandi’: la prevenzione per Draghi

Il prossimo 21 maggio Roma sarà protagonista di un importante evento: si terrà nella capitale il Global Health Summit, vertice mondiale sulla salute organizzato dal G20, il forum economico dei paesi più industrializzati del mondo. L’Italia guida il dibattito su questo prezioso bene tutelato dalla Costituzione, per questo il premier Mario Draghi sta anticipando alcuni dei temi che potrebbero diventare argomento centrale, considerato che la presidenza del forum dei paesi più industrializzati quest’anno spetta al nostro Paese. Sebbene non ami il ricorso all’inglese, Draghi fa riferimento per le pandemie, a ciò che i britannici indicano con il termine preparedness. “L’attuale pandemia ci impone di essere meglio preparati per il futuro – ha esordito in un videomessaggio – non sappiamo per quanto tempo durerà questa pandemia o quando ci colpirà la prossima e il nostro lavoro deve iniziare ora”. La dichiarazione, ripresa dall’Ansa, arriva in previsione del prossimo vertice e in fase preparatoria il premier ha promosso una conferenza da remoto, con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, per l’ascolto dei rappresentanti di associazioni e forze sociali dei paesi aderenti. Prevenzione, questo ha in mente Draghi e sulla scia del Regno Unito pensa di mettere in campo “il complesso di azioni presenti che ci rendono pronti e preparati nel futuro eventuale”, la preparedness appunto. Forse, tali contenuti da tradurre in azione avrebbero potuto far parte di quel piano pandemico rimasto nei cassetti del ministero della Salute. Per Draghi – su input degli esperti di cui si avvale – il futuro della sanità italiana territoriale deve vedere in atto una piramide di interconnessioni, funzionale e non solo teorica, tra sanitari e servizi di immediata azione diffusi sul campo: medici di famiglia, pediatri, pronto soccorso, ambulatori Asl e strutture sanitarie di maggiore livello, osservatori epidemiologici da rafforzare, collegare tra loro stessi, con il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità. L’azione di segnalazione diagnostica medico-clinica, specie per gli eventi epidemici, deve poter attivare laboratori di analisi fino al livello più sofisticato per conferme e chiarimenti. Questi collegamenti dovranno essere anch’essi digitalizzati e in rete al fine di individuare e correlare sospetti casi/episodi che possano anticipare potenziali scoppi/rischi epidemici. Il tutto per evitare il cosiddetto “Caso Italia”, così alcuni epidemiologi definiscono gli episodi riscontrati da medici della bergamasca, che fin dal mese di novembre 2020 avevano diagnosticato “strane polmoniti interstiziali bilaterali mai viste in precedenza sia come numero che andamento” di cui avevano commentato soltanto tra loro, senza che nessuno evidentemente sapesse che era il caso di “notificarle”. Una notevole carenza comunicativa le cui responsabilità sono da attribuire alle istituzioni che coordinano, che non hanno mai ravvisato la necessità di potenziare un competente organismo di comunicazione sanitaria in caso di crisi. Se si fosse provveduto, qualcuno a livello superiore magari ne avrebbe tratto le conseguenze e l’Italia si sarebbe accorta di essere già stata toccata dalla Sars CoV-2 alcuni mesi prima della catastrofe. Anglicismi a parte, in sanità la preparedness, o prevenzione, dovrebbe essere l’obiettivo primario da perseguire perché, come dice Draghi, epidemie gravi o pandemie ci toccheranno sempre di più con il crescere degli scambi globali di persone, animali e merci e della popolazione mondiale. Le malattie infettive, a torto e per anni sottovalutate, sono purtroppo la realtà del nostro mondo globalizzato.

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