Principe: “Nessuna paura: diagnosi mirate e prevenzione”

Il parere di Rosastella Principe, pneumologa dell’Azienda San Camillo Forlanini di Roma

ospedalieri per il trattamento, come quelli della nostra azienda, sono di altissimo livello. Servirebbe però più prevenzione e una diagnosi tempestiva.
A chi spetterebbero tali compiti?
In primo luogo ai medici di famiglia. Ci sarebbe bisogno di formazione specifica, anamnesi accurata dei pazienti, valutazioni dei contatti e della vita sociale degli stessi, diagnosi tempestive e, al minimo dubbio, l’invio dell’assistito dallo specialista pneumologo.
Per come è ridotta la sanità oggi tali propositi sembrano un’utopia
Pensando al passato, quando la malattia mieteva ancora molte vittime, non si può che rimpiangere l’efficace rete assistenziale dei comprensori antitubercolari, i dispensari, gli interventi a tappeto messi in atto non appena si aveva una notifica di infezione. Tutto in assenza delle attuali tecnologie informatiche.
Procedure che attualmente non si applicano?
Sicuramente i casi in Italia ogni anno sono più dei 5000 notificati alle autorità competenti. Ciò che sfugge diventa un potenziale focolaio epidemico. Non sono soltanto i soggetti fragili o in condizioni sociali difficili ad essere a rischio ma di certo, oggi, la Tbc non deve essere la principale fonte di preoccupazione per la salute.
Nel caso attuale, con la positività dei bambini, si parla di epidemia
Bisogna fare chiarezza: prima di tutto essere positivo non significa essere malato e non tutti i positivi ammalano. E’ necessaria la prevenzione a scuola, nelle comunità, tra gli anziani. Soprattutto, c’è bisogno di protocolli per il controllo del personale sanitario, come avviene negli altri Paesi. Esami e analisi non possono essere a discrezione del medico competente.
In una struttura considerata di eccellenza ciò che è accaduto è inspiegabile
La medicina non è prevedibile al cento per cento. Dobbiamo tornare a indagare meglio la Tbc: più notifiche alle Asl, controlli accurati ove si verifichi un caso. Piuttosto si sfruttino tutti gli strumenti a disposizione, specie la rete informatica e più controlli nella popolazione a rischio con protocolli di prevenzione per arginare i focolai.
In sintesi: non allarme ma attenzione?
Sì, la malattia è vinta ma non debellata. E attenti al fumo: studi scientifici dimostrano che in un fumatore il bacillo della Tbc prolifera con più facilità.

 

Linee guida e protocolli applicati finora negli ospedali regionali

Una breve panoramica sulle misure di prevenzione e controllo della Tbc in ambito ospedaliero, evidenzia che protocolli e procedure seguiti negli ospedali si riferiscono alle linee guida diffuse dal ministero della Sanità nel 1999. In sintesi: tempestivo riconoscimento dei casi sospetti in pronto soccorso, con isolamento fino ai risultati dei test specifici e un secondo sistema di allerta per casi accertati nei reparti di degenza. Sarà il consulente pneumologo a stabilirne il grado di contagiosità e, in base al responso, si avvia la ricerca attiva dei contatti con lo screening del personale coinvolto. Un gruppo di lavoro multidisciplinare valuta il rischio di esposizione e attua un check-up specifico con eventuale somministrazione di terapia preventiva. Esistono in pronto soccorso e nei reparti di pneumologia stanze di isolamento mentre, la sorveglianza sanitaria ordinaria e straordinaria dei dipendenti, è gestita dal servizio di Prevenzione e Protezione, individuando i reparti a maggior rischio di patologia a trasmissione aerea. L’Ostetricia-Ginecologia e la Neonatologia, di norma, sono incluse in tale programma.

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