Entro il 2030, salvo complicazioni, dovrebbe nascere il nuovo Bambino Gesù nell’area del “Complesso Forlanini”, così è stato chiamato dalla Regione Lazio il vasto territorio di 14 ettari che si estende da Monteverde a Portuense. Nato negli anni Trenta come sanatorio, divenuto ospedale polispecialistico con la Riforma sanitaria del 1978, il Forlanini ha visto l’onta della dismissione a partire dall’inizio degli anni Duemila, per essere definitivamente chiuso il 30 giugno 2015 da un decreto commissariale a firma di Nicola Zingaretti, allora al vertice della Regione Lazio. Esigenze di bilancio e di contrazione del debito regionale. Oggi, dopo nove anni, una “Dichiarazione di intenti” siglata l’8 febbraio tra la Santa Sede e la presidenza del Consiglio dei ministri, nelle persone del segretario di Stato del Papa Pietro Parolin e del sottosegretario Alfredo Mantovano, individua nel complesso “uno dei luoghi più idonei per la realizzazione della nuova sede del Bambino Gesù”, recita testuale il bollettino a “pubblicazione immediata” numero 0130 della sala stampa vaticana. Non sono pochi gli adempimenti a cui entrambi i sottoscrittori sono sottoposti: per primo la “definizione della necessaria architettura normativa che favorisca la realizzazione degli interventi e la sostenibilità economica dell’operazione”. Una operazione di cui non si conosce nulla, a partire dal prezzo di vendita dell’area e dell’immobile che la Santa Sede si appresterebbe ad acquisire dalla Regione Lazio. Un secondo passaggio, la concessione all’Inail del diritto di superficie da parte della Santa Sede “per un periodo e un valore da concordare tra le parti” e consentire all’Istituto per l’assicurazione sugli infortuni del lavoro di realizzare il nuovo ospedale, con pagamento di un canone da parte vaticana, anche questo da definire. Si conosce bene, al contrario, l’investimento per il laborioso restyling: 600 milioni di euro, il costo di due ospedali costruiti ex novo chiavi in mano. E non finisce qui, dulcis in fundo, la stipula di un nuovo accordo tra Santa Sede e Italia per il “trasferimento delle immunità di cui agli artt. 15 e 16 del Trattato del Laterano alla nuova sede del Bambino Gesù” ovvero, la tanto temuta extraterritorialità che, a detta dei detrattori dell’operazione, priverebbe la collettività di un prezioso bene pubblico. Numerose sono inoltre le condizioni che la dichiarazione d’intenti pone in essere: si dovrà verificare il progetto, procedere allo studio di fattibilità, definire il perimetro dell’intervento e dei servizi predisposti ed erogati. Poi la territorialità – se extra o meno – e la gestione delle risorse. Questo fanno sapere fonti ben informate della Regione Lazio. E, sebbene il presidente Francesco Rocca abbia espresso soddisfazione per questo primo passo di un cammino che si annuncia tutt’altro che in discesa, iniziano ad affiorare critiche da parte di associazioni di cittadini – tra cui Cittadinanzattiva e Italia Nostra – che avrebbero auspicato una diversa soluzione. Diversa da una operazione che, pur provvedendo alla rinascita di un complesso in abbandono, non riserva alcuna considerazione alle istanze di chi da anni chiede una riconversione del Forlanini a servizio pubblico sociosanitario per tutta la collettività. In un quartiere, Monteverde, tra quelli con il più elevato indice di anzianità di Roma.

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