Di solito sono gli affetti a far scattare la trappola. Sovente i più celebri boss sono catturati, dopo anni e anni di latitanza, non appena varcano la soglia della casa di famiglia, la porta dell’appartamento di una compagna, di una moglie. Ė la nostalgia il punto debole ma nel caso di Matteo Messina Denaro, implacabile fino alla fine, è stata la salute a tradirlo. I carabinieri dei Ros, appostati dall’alba, lo hanno trovato in fila per fare un tampone, in una struttura sanitaria, quasi fosse un normale utente del servizio pubblico, con la sola differenza di censo tra i pazienti di una comune Asl e gli assistiti della clinica dei vip di Palermo. Situata nel quartiere San Lorenzo, quadrante nord del capoluogo siciliano, “La Maddalena S.p.A.” è il più importante centro anticancro d’Europa, classificato di terzo livello, che si estende per 15mila metri quadrati distribuiti su 11 piani, un mostro urbanistico. Si dice che il latitante per antonomasia fosse in cura presso la struttura da circa un anno, per un tumore al colon ma la direttrice Stefania Filosto, moglie del proprietario fondatore 94enne Guido Filosto, tende a minimizzare, raccontando che non era immaginabile che quella persona dall’aspetto dimesso e acciaccato fosse Matteo Messina Denaro. La clinica, accreditata dal Servizio sanitario regionale della Sicilia come “Ospedale ad alta specialità”, dispone di un dipartimento Oncologico di III livello medico chirurgico, il più elevato nella classificazione dei centri per tumori dell’isola, pubblici e privati. Sono presenti, inoltre, un dipartimento di terapia del dolore a indirizzo ematoncologico, con specializzazione nel trapianto di midollo osseo. Di assoluta eccellenza anche la radioterapia oncologica e la microchirurgia oculare, con reparti di lungodegenza. Nulla a che vedere con le via crucis da affrontare da comuni mortali nelle Asl regionali, considerato che, per coloro che se lo possono permettere, la clinica è un punto di riferimento importante per chi deve sottoporsi a Tac, Pet e tomografia a emissioni di positroni. Sebbene la struttura sia dotata di laboratori di analisi cliniche e di anatomia patologica, corre voce che il boss catturato oggi, 16 gennaio, curasse una insufficienza renale cronica con apparecchi per la dialisi attivati presso il suo domicilio, per non destare sospetti con i vari spostamenti. Di sicuro, assistito da qualche sanitario in grado di manovrare le complesse apparecchiature. Alla Maddalena – clinica più volte visitata da ministri della Salute e da assessori siciliani, dotata in tempi record delle migliori strumentazioni all’avanguardia, il super latitante si era presentato sotto il falso nome di Andrea Bonafede, con il cognome che riecheggia quello dell’ex ministro della Giustizia dei governi Conte I e Conte II, chissà se proprio in spregio alla istituzione.  E restando alla simbologia dei nomi sorge il dubbio che anche Messina Denaro, che secondo il pentito Salvatore Baiardo meditava da tempo di costituirsi, possa come la Maddalena, fare opera di contrizione, rivelando inenarrabili segreti celati per anni.

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