Pronto soccorso, i dati sono allarmanti ma quello più impietoso riguarda il numero dei decessi: in dieci anni sono raddoppiati per chi è in attesa di un posto letto. Su circa 20milioni di accessi annui, con 5000 medici e 12mila infermieri in meno, il carico da reggere è insopportabile. Per questo il 17 novembre i camici bianchi della Società italiana medicina emergenza urgenza (Simeu) sono scesi in piazza, esattamente piazza Castellani, il piccolo slargo su cui si affaccia l’ingresso del ministero della Salute. “Il pronto soccorso scoppia – ripetono all’unisono da tempo i medici – chi può si mette in fuga perché il lavoro nei reparti di emergenza e urgenza è diventato insostenibile”. Ed elencano una ad una tutte le difficoltà a cui vanno incontro: turni massacranti, rischio di aggressioni, stipendi non commisurati all’impegno profuso. “Così il medico di pronto soccorso rischia di scomparire” paventano in molti, sottolineando inoltre le condizioni in cui anni e anni di tagli lineari ai posti letto e ai servizi sanitari hanno ridotto gli ospedali pubblici, con persone che stazionano giorni e giorni in barella al pronto soccorso, divenuto ormai un reparto di degenza più che un servizio di prima assistenza. Negli ultimi tempi si stima che sia il 50% in più di persone a rivolgersi all’emergenza urgenza rispetto al passato, con picchi di 800 pazienti al giorno che attendono di essere visitati ed eventualmente ricoverati, di cui 600 attendono il proprio turno più di 24 ore. Le rivendicazioni sono note: più assunzioni, stipendi commisurati al carico di lavoro e una migliore organizzazione dei servizi. Sperano di ottenere stanziamenti nella legge di bilancio. Il tutto mentre si fanno sempre più strada, nei dipartimenti di emergenza e accettazione, i cosiddetti “medici a gettone” dipendenti di cooperative esterne, profumatamente retribuiti rispetto ai colleghi in organico. Una ragione in più per diminuire la qualità aumentando la conflittualità, un clima che un pronto soccorso, reparto in prima linea, non può certo permettersi.

 

Commenti Facebook:

Commenti