Il re è nudo ma guai a dirlo

Il re è nudo ma non si può dire. Lunedì 20 giugno, nel corso della puntata di Report su Rai 3, è andata in onda la fotografia della sanità in varie regioni italiane. Una rappresentazione reale, senza infingimenti, di una realtà che è sotto gli occhi di tutti. Non sappiamo, al momento, quali siano le reazioni dei rappresentanti politici della Lombardia, della Calabria, della Campania. Di sicuro, la Regione Lazio sta facendo la parte del leone, quanto a gestione del dissenso. Non è stato edificante assistere alla vera e propria aggressione che il presidente Nicola Zingaretti ha riservato alla giornalista di Rai 3 che aveva solo il torto di svolgere il proprio compito, ovvero fare domande anche scomode. “Abbiamo tolto la sanità da una fogna e non permettiamo a nessuno, tantomeno a Report di infangarci”. Questa l’espressione, sulla linea di Onofrio del Grillo, che il fu commissario alla sanità – oggi presidente che gestisce una sanità ancora in piano di rientro – ha gridato ai microfoni con una inquadratura del volto irato a tutto campo. Ancor più sorprendente, la nota che il direttore generale del Policlinico Umberto I Fabrizio D’Alba, ha inviato alla redazione di Report, dopo aver assistito in anticipo alla messa in onda dei filmati relativi alla trasmissione del 20 giugno, e dopo una serie di non risposte alle numerose richieste ufficiali di intervista da parte dei giornalisti Rai, a partire dal primo febbraio 2022. Il direttore rigetta le criticità relative a un presunto impedimento a eseguire due esami diagnostici per una paziente oncologica, ed elenca tutte le prestazioni offerte dall’ospedale universitario negli ultimi tre anni, specificando che il presunto disservizio denunciato in Tv dall’associazione “La Fenice” – che da anni tutela i pazienti oncologici – sarebbe relativo “al call center regionale” che avrebbe comunicato una informazione non reale. Grovigli burocratico amministrativi e, osiamo dire, anche difetti di comunicazione. L’aspetto sorprendente è la chiosa del comunicato, in cui il direttore puntualizza che “in relazione a quanto diffuso dall’associazione ‘La Fenice’ avrebbe adito tutte le vie legali e giudiziarie per affermare la verità”. Nel linguaggio giuridico e giornalistico si chiama “querela temeraria” che, in sintesi, è un modo per creare nei giornalisti una sorta di timore reverenziale verso il potere affinché non si disturbi il manovratore. A questo punto, e a mo’ di suggerimento per presidenti, direttori generali, consiglieri, amministratori e compagnia cantante, riportiamo le motivazioni con cui la Quinta sezione penale della Cassazione, con sentenza 9337 del 27 febbraio 2013, ha decretato l’assoluzione di Milena Gabanelli e Bernardo Iovene dal reato di diffamazione, sempre per un servizio trasmesso da Report. ”Il giornalismo di denuncia non deve subire censure”, questo in sintesi il verdetto. Sarebbe il caso di tenerlo a mente e, soprattutto, sarebbe opportuno dotarsi di collaboratori in grado di sostenere le interviste richieste, in via ufficiale, dai più importanti media del Paese.   

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