Dislessia, sì all’assistenza integrata

C’è voluta una legge, finalizzata a tutelare il diritto allo studio, per facilitare il percorso scolastico degli studenti dislessici. Dal 2010 i ragazzi con dislessia evolutiva possono fruire di nuove tecnologie e programmi mirati, previsti dalla normativa. Ne parliamo con Maria Pontillo, psicologa ricercatrice presso l’Università di Roma “La Sapienza”, esperta dei disturbi dell’apprendimento e collaboratrice presso l’Unità operativa complessa di Neuropsichiatria infantile dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, diretta dal professor Stefano Vicari. L’approvazione della legge 170 tutela i bambini con dislessia evolutiva. Quali sono, ad oggi, le novità? In primo luogo l’accresciuta capacità degli insegnanti di rilevare sintomi precoci, grazie a corsi di formazione ad hoc strutturati da psicologi. Determinante è poi la collaborazione tra varie figure professionali e l’integrazione di competenze con lo psicologo, che consente di evitare sia i rischi derivanti dalla scarsa conoscenza del disturbo, sia la sua eccessiva medicalizzazione. Quali le misure più efficaci per il trattamento dei soggetti colpiti? Innanzitutto la diagnosi precoce, effettuata col ricorso ad appositi test standardizzati per individuare difficoltà di lettura e intervenire in una fase di disturbo non ancora strutturato, facendo sì che il bambino sviluppi strategie di compenso adeguate. Per consentire ciò occorre l’intervento di diverse figure professionali Certamente: psicologi, logopedisti, insegnanti, che dovranno concordare strategie preventive il più possibile coerenti per il bambino. Non esiste infatti un unico modello riabilitativo: i tempi sono diversificati ma, grazie all’ausilio di un software di sintesi vocale, mappe concettuali e schemi, il soggetto può rispondere alle richieste didattiche. Finisce dunque l’epoca del ragazzo dislessico confuso con lo svogliato? Si, per fortuna. Con essa si chiude la percezione di inefficacia del ragazzo rispetto alle proprie competenze scolastiche, con progressiva alienazione dal “contesto classe” stesso. Un ultimo consiglio… Imparare a considerare la dislessia del ragazzo adulto che spesso non raccoglie l’attenzione dei docenti e non solo…Sono soggetti la cui dislessia non fu diagnosticata per tempo e che non di rado, incapaci di rispondere alle richieste della scuola e frustrati, scelgono la via dell’abbandono degli studi.  Caterina Tripodi

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