“Non possiamo proclamare vittoria sul Covid”. Tale certezza proviene dalle parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Non possiamo proclamare vittoria neanche sull’influenza stagionale a dire il vero, né sui tumori, sull’infarto, sull’ictus, su tante altre patologie che purtroppo spesso si rivelano a infausto esito. Le parole del capo dello Stato però hanno riacceso la polemica e, di conseguenza il dibattito sui giornali. Sotto la lente di ingrandimento anche la decisione ministeriale di non comunicare il ferale bollettino quotidiano di contagi e morti, che ora passa a una saggia illustrazione settimanale, come auspicato in passato anche da tanti eminenti virologi – non certo sostenitori degli irriducibili no vax – ma suggerita dall’evidenza dei fatti, che mette in luce spesso errori e sovrapposizioni che possono verificarsi con lo stillicidio di notizie date giorno per giorno, mancate notifiche e elencazione di casi rimasti in arretrato per problemi organizzativi. Naturalmente, è affidata alla consapevolezza di ognuno la volontà di assumere le opportune misure di precauzione qualora il caso lo richieda. Quali deduzioni trarre da queste prime mosse del ministro Orazio Schillaci? Sicuramente i provvedimenti, tra cui la riammissione in servizio di medici non inoculati e la cancellazione di inspiegabili sanzioni agli ultracinquantenni renitenti al farmaco, sono espressione di un tecnico competente, che sulla base di precise evidenze scientifiche, assume decisioni senza ricorrere a organismi terzi, senza dilatazione dei tempi e senza incorrere in nefasti ritardi: tachipirina e vigile attesa insegnano. Soprattutto le decisioni del professore, prese di concerto con l’esecutivo, mettono in luce la necessità di convivere con la malattia, volontà tanto invocata nel passato da ogni attore politico e assurta inspiegabilmente, secondo una parte di opinione pubblica, a temerario colpo di spugna proposto da un ministro del governo Meloni.

 

Commenti Facebook:

Commenti