Il Pnrr non aiuta gli ospedali montani

Ospedale Angelucci di Subiaco, un potenziale inespresso. E insieme al nosocomio tutti i servizi della Asl Roma 5 sono sotto la lente di ingrandimento dei comitati di cittadini, preoccupati per la drastica riduzione, negli anni, della offerta sanitaria a cui fanno da contraltare annunci della Regione Lazio considerati fuori luogo. Primo fra tutti, il progetto del nuovo ospedale Tiburtino da realizzare entro il 2029, che nei timori dei residenti – un bacino di utenza di 500mila anime – significherebbe il depotenziamento di nosocomi locali. Il tutto con un investimento di oltre 200 milioni e un potenziamento di soli 89 posti letto. Una goccia nel mare in un quadrante che difetta di un terzo della capienza prevista dagli standard ministeriali: 3,7 letti per 1000 abitanti. Attualmente nel territorio della Asl Roma 5 i posti letto per pazienti acuti sono 431 a fronte dei 1.320 che dovrebbero essere a disposizione, è scritto in un rapporto annuale della direzione aziendale, mentre l’Angelucci, dotato di strumentazioni ad alta tecnologia inutilizzate per carenza di personale, rappresenta il vulnus più significativo per l’organizzazione sanitaria. Secondo il Tribunale del Malato di Subiaco, la Asl “si concentra sul fabbisogno di Roma, dimenticando i piccoli ospedali di provincia”. Ma sono proprio i nosocomi dei distretti sociosanitari montani a destare le maggiori preoccupazioni. A testimonianza di quanto asserito in un comunicato dall’organizzazione a tutela dei diritti dei pazienti, le prestazioni dei servizi rimasti ancora in vita sarebbero state drasticamente ridimensionate, con soli due chirurghi presenti nell’Angelucci rispetto ai cinque previsti in pianta organica, e interventi ridotti all’osso, tanto da costringere i cittadini a rivolgersi alle strutture romane, andando ad appesantire le già insopportabili liste di attesa. Paradossalmente il Pnrr, piano di rinascita Ue con i fondi messi a disposizione per la sanità territoriale, piuttosto che risolvere i problemi instilla ulteriori preoccupazioni nei residenti. Si teme che gli annunciati ospedali di comunità, presidi a esclusiva gestione infermieristica, non possano rispondere alla richiesta di salute della collettività. La soluzione potrebbe arrivare con la legge regionale numero 9 del 6 aprile 2009, che riguarda la classificazione degli ospedali montani come presidi in zona disagiata, attribuendo agli stessi servizi di emergenza quali il pronto soccorso e la terapia intensiva. Il minimo, per una comunità che negli ultimi decenni è stata privata dei reparti essenziali. Secondo Francesca De Vito, consigliera regionale del gruppo Misto “all’interno della giunta regionale la confusione è tanta e a farne le spese sono sempre e soltanto i cittadini, che vedono allontanarsi sempre più il diritto a ricevere cure adeguate e ad accedere alla sanità pubblica”. Una stoccata agli ex colleghi del Movimento 5 stelle, entrati da poco nella giunta di Nicola Zingaretti, che in precedenza avevano condotto una strenua battaglia sulla difesa degli ospedali montani.

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