Medici sull’orlo di una crisi di nervi, anzi oltre: è in gioco il nostro sistema sanitario nazionale. La conclusione deriva da un monitoraggio contenuto in un documento (c.d. policy brief) dell’Istituto nazionale per le politiche pubbliche (Inapp). L’istantanea di una sanità destinata inesorabilmente all’invecchiamento dei suoi protagonisti, in cui tre operatori su quattro lamentano sforzi fisici oltre il dovuto mentre serpeggia il malcontento in nove professionisti su dieci per gli onorari non esaltanti e l’impossibile progressione di carriera. La pubblicazione del rapporto, del 5 luglio scorso, deriva da una rilevazione rivolta a medici, infermieri e operatori sociosanitari. Una compagine ridotta, tra il 2008 e il 2018, di più di 41mila unità a causa del blocco delle assunzioni per i tagli alla spesa sanitaria, praticati da governi di ogni colore politico. E l’età media aumenta, attestandosi intorno al 50/55 anni, improponibile per una professione fonte di stress come quella sanitaria. Entro il 2027 il 28% di medici e l’8% di infermieri andranno in pensione, aggravando le condizioni di chi resta, con insostenibili carichi di lavoro e un’età avanzata. Soprattutto, difetta il senso di appartenenza perché il 70% degli operatori ritiene peggiorati i ritmi di lavoro e le condizioni economiche (65% degli intervistati). Tra il pubblico e il privato c’è comunque uno iato per quanto attiene i ritmi e gli orari di lavoro mentre, nella totalità dei casi, la mancanza di prospettive di carriera determina una buona dose di frustrazione. E il filo rosso, che lega tutte le opinioni espresse, si sintetizza in una univoca considerazione: occorre potenziare gli organici, motivare e dare giusti riconoscimenti al personale e gestire in modo diverso l’organizzazione sanitaria. Sviluppo tecnologico, formazione, investimenti, queste sono le condizioni irrinunciabili, da attuare con interventi di sistema. (www.dire.it)

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