Sanità Lazio, alla ricerca di un vero ‘modello’

medici_camiceE se il modello Lazio lo suggerissero i dottori? è una delle ipotesi sul tappeto, da quando, lo scorso mese di giugno, i medici di famiglia del Lazio – associati alla Fimmg, Federazione italiana medici di medicina generale – hanno inviato una lettera aperta al presidente della Regione e commissario per la Sanità Nicola Zingaretti, con l’invito “a sciogliere i nodi ormai cronicizzati del servizio pubblico, riprendendo progetti proposti e mai attuati, coniugando il rigore amministrativo con la flessibilità della innovazione”. E non solo. I medici del Lazio si spingono a proporre un osservatorio sulle prescrizioni improprie che raccoglierà tutti gli abusi burocratici perpetrati ai danni dei medici e dei cittadini. Non solo malasanità quindi. Per i camici bianchi, quelli degli studi medici, primo presidio sanitario più vicino agli assistiti, ci sarebbe una burocrazia insopportabile, che asfissia le persone costringendole a percorsi improponibili per avere una certificazione o una sicurezza in più sui percorsi assistenziali da intraprendere. “Riceviamo molte segnalazioni – spiegano i medici Fimmg in una nota – sugli abusi burocratici nell’assistenza sanitaria regionale. “Le pastoie amministrative in sanità sono arrivate a livelli mai visti in questi ultimi anni. Non è infrequente – continua il comunicato – che nei nostri studi giungano cittadini in preda a problemi di burocrazia spicciola, per carenze o cattiva volontà di terzi, che ricevono informazioni errate su procedure o percorsi. Una disinformazione che sembrerebbe attuata ad arte, atti che sfociano in conflittualità indotte da terzi”. Un quadro allarmante che i medici suggeriscono di combattere lasciando spazio a “un nuovo modo di fare sanità”, non legato esclusivamente “gli adempimenti previsti dal piano di rientro e agli atti amministrativi legati alla gestione del bilancio”. Gli strali principali vanno in direzione dei medici ospedalieri. “In pronto soccorso, ad esempio – prosegue la nota Fimmg – non vengono rilasciate le opportune certificazioni di malattia” ma ce n’è anche per Inps e Inail, i cui impiegati addetti allo sportello non accetterebbero documenti cartacei costringendo i cittadini a penose peregrinazioni”. L’accusa più grave è rivolta ad Asl e ospedali che, come si dice in gergo “chiudono le agende” ovvero, sospendono gli appuntamenti per le prestazioni in modo unilaterale, in contrasto con quanto stabilito dalla legge 266/2005, art. 1, comma 282, che stabilisce che “è vietato sospendere le attività di prenotazione delle prestazioni e che chi lo fa e’ passibile di sanzione”. Sanzione che, va da 1000 a 6000 euro e che, naturalmente, non è mai stata comminata a nessuno.

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