Sanità e risparmi: dai costi ai bisogni ‘standard’

544935 TOTO MINISTRI-FOTO ARCHIVIONuvole nere sull’esecutivo Letta. Fallirà, reggerà, quanto durerà? Le conseguenze di una crisi avrebbero ripercussioni in tutti i settori. Nella sanità, in particolare, numerosi sono i provvedimenti messi in campo: in primis il Patto per la salute 2013-2015 – accordo finanziario e di programmazione sanitaria tra l’esecutivo e le regioni di valenza triennale – che sta impegnando da tempo governo e regioni, irrigidite su un assioma: “senza risorse non si fa sanità”. Lo ha sostenuto il 21 giugno scorso Vasco Errani, presidente della regione Emilia Romagna e della Conferenza delle  regioni,  a Parma in occasione di un convegno di Farmindustria. “Per noi la cosa importante è il Patto per la Salute – ha chiarito il presidente – lo stiamo chiedendo da mesi e mesi ma ci  devono essere le precondizioni, compreso il tema del finanziamento  del Fondo sanitario nazionale”. Quindi, in questo campo, nessuna apertura a un esecutivo e a un ministro dell’Economia (nella foto il ministro Saccomanni) che pure si sta impegnando per una nuova spending review, con risparmi tra i 4 e i 5 miliardi nel 2014, che dovrebbe incidere in maniera decisiva sulla sanità. Per questo non si esita a ricorrere ad artifizi: dai costi standard ai fabbisogni standard, ovvero le necessità reali per permettere la sopravvivenza del settore. Giochi di prestigio i cui effetti saranno tutti da dimostrare. Di fatto c’è un elemento nuovo: le sanzioni per le amministrazioni inadempienti che, ci auguriamo, non ricadano come al solito sui cittadini. Scongiurato il pericolo di nuovi ticket, grazie a una sentenza della Corte Costituzionale, si pone però il problema di una rimodulazione sulla compartecipazione alla spesa, basata su parametri diversi. Di fatto, un anziano pensionato agiato con una patologia cronica, piuttosto che essere esentato del tutto potrebbe in qualche modo tornare a contribuire al sostentamento del servizio sanitario. Poi il tanto evocato territorio: la medicina di prossimità, sebbene obiettivo perseguito da decenni, non riesce a vedere la luce. Soprattutto, pochissime sono le Regioni che hanno promosso un precipuo modello di cure (Toscana, Emilia, Veneto, Lombardia) mentre nel Lazio si fatica a definire un paradigma affidabile. Nelle conferenze di servizio di alcune Asl, ad esempio, c’è chi ipotizza modelli diversi secondo le esigenze di distretto. Altra questione spinosa è quella riferita al personale: tra precariato e rinnovo dei contratti a risorse zero, difficilmente si riuscirà a venirne a capo.

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