Rsa, residenze o antro delle streghe?

81993_4Compaiono spesso, sulla stampa, notizie su presunti casi di maltrattamenti o abusi a persone ricoverate in Rsa. Sono i Carabinieri dei Nas a scoprire, su segnalazioni di familiari o conoscenti, situazioni che possiamo definire orripilanti. Nell’ottobre scorso in Molise, i Nas, hanno effettuato 13 arresti su richiesta della procura di Isernia Ai domiciliari sono finiti il neuropsichiatria titolare della residenza, infermieri e operatori sociosanitari accusati di aver sottoposto a maltrattamenti continui, segregazione, lesioni, percosse e abbandono gli anziani ricoverati. E non solo anziani.

Nella Rsa si trovavano giovani affetti da patologie psichiatriche e inoltre, la struttura ospitava un numero di pazienti superiore a quello autorizzato. I Carabinieri hanno accertato, dopo una prolungata indagine, che ai ricoverati veniva tolto ogni rispetto della dignità personale, venivano rinchiusi nelle stanze senza possibilità di uscire, erano legati al letto e percossi.

Ci si chiede perché le Asl e i comuni non sentano il dovere di sorvegliare tali strutture, sia sotto il profilo amministrativo – il rispetto cioè delle convenzioni stipulate sul numero dei ricoverati e le condizioni igienico sanitarie – sia per il numero e la competenza del personale addetto, la sua preparazione a compiti così delicati.

Le residenze sanitarie assistenziali, istituite nel 1988, si vennero configurando con successivi provvedimenti normativi a partire dal 1991 con la emanazione delle linee guida alle regioni e alle Usl per l’attuazione del “Progetto Obiettivo” anziani. Lo spirito che informava la loro istituzione era quello dell’accoglienza di persone fragili, non autosufficienti, in particolare anziani soli che avrebbero dovuto trovare ambienti il più possibile simili al proprio domicilio e un trattamento adeguato al tipo di esigenza di ciascuno, con aperture al territorio al quale l’anziano è stato strappato con un allontanamento definitivo dal proprio ambiente di vita. Nel tempo, le Rsa hanno assunto connotazioni di carattere sanitario, anche per l’inserimento nell’ambito del Servizio sanitario nazionale a svantaggio degli importanti aspetti sociali, psicologici e relazionali. Vorremmo sollecitare le istituzioni locali affinché siano prese nella giusta considerazione le condizioni, e quindi le esigenze di persone in situazione di non autosufficienza, e non in condizione di dirigere ed organizzare la propria vita. Cosa c’è di più grave? Ben poco, riteniamo.

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