Ė spirato alle 9:34 di oggi 31 dicembre, ultimo giorno del 2022, il papa emerito Benedetto XVI. Il fine teologo tedesco che stupì il mondo, annunciando l’11 febbraio 2013 le sue dimissioni, se n’è andato in modo discreto così come aveva condotto la sua singolare carriera di pontefice dimissionario, sempre circondato dalle attenzioni e dall’affetto del suo successore Francesco. Oltre all’inevitabile protagonismo guadagnato con lo storico “rifiuto”, Ratzinger svolse un ruolo di primo piano anche nei confronti degli operatori sanitari cattolici, a cui dedicò una particolare attenzione, considerando l’ospedale come luogo di evangelizzazione. Proprio da questa convinzione, mutuò il titolo di un importante incontro promosso dal Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, nell’ambito della Pastorale della Salute, una sorta di ministero vaticano. Il 17 novembre del 2012 nell’Aula Paolo VI, papa Benedetto, nell’indirizzo di saluto ai rappresentanti della Associazione dei medici cattolici italiani, agli infermieri e operatori sanitari cattolici convenuti all’assise, pronunciò parole che sono rimaste scolpite: “La vostra è una singolare vocazione, che necessita di studio, di sensibilità e di esperienza – esordì l’allora pontefice – tuttavia, a chi sceglie di lavorare nel mondo della sofferenza vivendo la propria attività come una missione umana e spirituale è richiesta una competenza ulteriore, che va al di là dei titoli accademici”. Parole importanti, un riconoscimento denso di responsabilità. “Proprio in tale contesto – sottolineò Ratzinger – ospedali e strutture di assistenza debbono ripensare il proprio ruolo per evitare che la salute, anziché un bene universale da assicurare e difendere, diventi una semplice merce sottoposta alle leggi del mercato, quindi un bene riservato a pochi”. Un ammonimento di cui in molti dovrebbero far tesoro.

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