118, questo sconosciuto. I medici esasperati ne ribadiscono i compiti, tra l’indifferenza generale
118, il numero salvavita. Un servizio di emergenza/urgenza che ha, quale compito precipuo, il trattamento tempestivo per pazienti con patologia acuta al fine di evitarne la morte o complicanze gravi e che, dalla sua creazione, è vittima di continui fraintendimenti sul proprio ruolo. Con prevedibili conseguenze in termini di efficienza e il disappunto degli operatori, spesso vittime di contestazioni, aggressioni che spesso sconfinano nella violenza fisica. Per questo Francesca Perri, medico “di bordo” da anni in ambulanza, sindacalista Anaao Anmos – il maggior sindacato di medici ospedalieri – vicepresidente della società scientifica SIS 118 area centro Italia, ha deciso di fare chiarezza con un post sulla propria pagina facebook – con accenti di asprezza ampiamente giustificati – per ribadire ciò che il numero di emergenza è, ciò che deve fare e, con dovizia di particolari, quello che il 118 non è e le prestazioni che in nessun caso ha l’obbligo di garantire. In sintesi – chiarisce Perri – il 118 non è al servizio dell’ospedale e, giuridicamente, non spetta ai professionisti del soccorso la gestione del paziente, una volta arrivato in ospedale, ancorché bloccato in barella. Secondo punto: in caso di morte violenta gli operatori del 118 non sono al servizio delle forze dell’ordine per l’accertamento del decesso che spetta al medico legale con la scientifica al seguito; lo stesso dicasi per i vigili urbani in caso di incidente stradale. Non esiste alcun obbligo per gli operatori dell’emergenza, di attendere l’arrivo della polizia municipale in loco. Con altrettanta enfasi la sindacalista ribadisce che il ruolo dell’operatore del soccorso, non è ancillare nei confronti di cliniche private, onoranze funebri e trasporti secondari, a mo’ di taxi per recarsi a visite di controllo o a fare esami e analisi in ospedale. Uno sfogo-verità, un chiarimento che dovrebbe spettare alle istituzioni e alle amministrazioni competenti, i cui uffici stampa e/o comunicazione di solito si dedicano ad altri temi. La constatazione amara è che a 30 anni dalla istituzione, nessuna chiarezza si è fatta su ruolo e compiti del 118 e “duole ancor di più – secondo Francesca Perri – constatare che all’emergenza spetta un ruolo di supplenza causa il taglio da parte della Regione Lazio di tutti i servizi territoriali, i posti letto in ospedale, se non addirittura la chiusura dei nosocomi e la drastica riduzione di personale”. In sintesi, chiosa Perri “per i cittadini in difficoltà è consolante sapere che esiste un servizio attivo nell’arco delle 24 ore, che risponde sempre a tutti con competenza e passione. Funzioniamo da calmante”.