Covid-19, la pandemia e tutto il male che si è portata dietro. Non solo il dolore fisico dovuto alla patologia ma il danno psicologico e sociale, che una condizione imposta alla collettività ha sedimentato in due lunghi anni in cui, certamente, non è andato tutto bene. Ė quanto Angela Camuso giornalista d’inchiesta e scrittrice, ci racconta nei libri “La vita che ci avete rubato” e “Ma io stanotte non dormo” – Castelvecchi editore – in cui con coraggio, passione e competenza, affronta uno dei più scottanti temi su cui, nonostante i tentativi di rimozione, si deve ancora scavare a fondo. In una sala stracolma di persone desiderose di capire, di entrare nei subdoli meccanismi che hanno permesso al “pensiero unico” di avere il sopravvento rispetto alla capacità critica, la giornalista, affiancata da due tra i più prestigiosi direttori certamente non allineati – Mario Giordano e Antonio Padellaro – ha ripercorso tutte le tappe della pandemia, dai primi terrificanti momenti all’acquisita consapevolezza sulla negata possibilità di gestirla in modo diverso. L’evento “Pandema: qual è la verità? Confronto tra due grandi direttori”, che si è svolto a Roma il 14 aprile nella sala Di Liegro di Palazzo Valentini – sede della Città metropolitana di Roma e della Prefettura – è stato promosso dal consigliere di Roma Capitale Fabrizio Santori, segretario d’Aula dell’Assemblea capitolina e capogruppo della Lega.  Oltre al conduttore di “Fuori dal coro”, trasmissione di successo di Retequattro e al già direttore de “L’Unità” poi fondatore-editorialista de “Il Fatto Quotidiano”, hanno partecipato Pietro D’Amore, direttore editoriale di Castelvecchi e l’attrice Emanuela Tittocchia che ha letto alcuni brani dei libri. Momenti intensi e partecipati. La rievocazione di quella “aria vaga di morte”, accompagnata dal senso di una sottile oppressione, per cui tutto il Paese è stato rinchiuso per mesi, sulla base di un terrore mediatico supportato dai quotidiani, agghiaccianti bollettini con le sole cifre di malati e morti, mai dei numerosi guariti. Da qui, dall’esperienza sul campo che Angela è solita consumare da anni, le prime inquietudini dell’autrice, messa di fronte a una patologia da cui si poteva guarire e che rigidi protocolli ministeriali intendevano combattere con “Tachipirina e vigile attesa”, mettendo all’indice i pur numerosi medici che con farmaci da prontuario riuscivano a sconfiggere il misterioso morbo. Un giornalismo da paura, alimentato dalla corte dei virologi da teleschermo, prova generale di dominio sul pensiero, esportabile per ulteriori emergenze, vere o presunte che siano. Su tutto un’esigenza di capire, fare chiarezza, pretendere trasparenza da quelle istituzioni a cui il cittadino si affida, spesso non ricambiato da altrettanta affidabilità. Perché, per dirla con Angela, “le battaglie per la salute sono battaglie per la vita”. Una vita che, da ora in poi, dovremmo imparare a non farci più rubare.

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