Sono falsi amici e sì influenzano negativamente a vicenda. Parliamo di obesità e diabete, uno tira l’altro, tanto da aver portato alla nascita di un neologismo che li comprende entrambi: la diabesità. Ecco perché la Società italiana di diabetologia (Sid) ne parla proprio in occasione della Giornata mondiale dell’obesità che si svolge il 4 marzo. Si tratta di un problema particolarmente sentito in Italia, dove il rischio di sovrappeso e obesità è particolarmente elevato già dall’età pediatrica: si stima infatti che 8 su 11 bambini/adolescenti, secondo la World Obesity Federation, e 6 adulti su 10 ne saranno affetti: secondo l’ultimo rapporto “Childhood Obesity Surveillance Initiative” dell’ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della sanità, l‘Italia si colloca infatti al quarto posto in Europa per prevalenza di sovrappeso e obesità, di poco al di sotto del 40%, superata solo da Cipro, Grecia e Spagna. Per la prevalenza della sola obesità, invece, il nostro Paese è al secondo posto in Europa. “Un bambino obeso ha il 75-80% di probabilità di diventare un adulto obeso ad alto rischio diabete” spiega il professor Angelo Avogaro, Presidente Sid. “Due parole ormai strettamente correlate – chiarisce – al punto da esser definite con il solo termine di ‘diabesità’. Nel contrasto a questo fenomeno, oltre a una sana e varia alimentazione, serve un’attività fisica quotidiana, in Italia poco ancora troppo poco diffusa. Sempre secondo il presidente, il 44,8% degli italiani adulti non pratica un adeguato livello di attività fisica, mentre questa percentuale raggiunge addi il 94,5 % nei bambini, ultimo Paese Ocse”. Una letteratura ormai consolidata ci dice che anche una diminuzione del 5% del peso diminuisce il rischio di diabete del 40% con un miglioramento clinico significativo dell’emoglobina glicata e la pressione arteriosa. Perdite di peso anche moderate hanno migliorato, non solo i più comuni fattori di rischio ma anche esiti di malattia come steatosi epatica e apnee notturne, nelle persone con diabete di tipo 2” ha dichiarato il Professor Avogaro, intervenuto alla presentazione del V rapporto dell’Italian Barometer Obesity Report a Roma. “Sappiamo che le persone in sovrappeso hanno un rischio tre volte superiore di sviluppare diabete di tipo due, mentre nei soggetti con massa corporea superiore a 30 (BMI) il rischio arriva a sei volte di più degli uomini e 10 volte di più nelle donne” sottolinea Frida Leonetti, ordinario di Endocrinologia all’Università La Sapienza – polo pontino. “La buona notizia è che, nei casi in cui l’indice di massa corporea sia alto ma non eccessivo – spiega la professoressa – un calo di peso anche moderato è molto utile e migliora i parametri della glicemia”. La chirurgia bariatrica invece rende la malattia più trattabile, con un miglioramento del controllo glicemico e delle condizioni generali della persona, in alcuni casi con una remissione del diabete. L’adesione della Sid alla World Obesity Federation ha un duplice importante significato. Sovrappeso e l’obesità insieme al diabete mellito rappresentano non solo nel mondo occidentale una vera e propria pandemia; se non si mettono a punto misure adeguate di prevenzione e trattamento, si stima che le rispettive prevalenze aumenteranno in maniera esponenziale nei prossimi anni. La Sid, in qualità di società scientifica, intende contrastare con un’opera di formazione e divulgazione questa epidemia globale. (AgenPress).

Commenti Facebook:

Commenti