Sindaci e ospedali: proteste e mediazioni

132735554-6e7c1486-05d8-433b-9980-d2b4e191745bL’ultima novità arriva dai portavoce del Movimento 5 stelle della Regione Lazio: presenteranno ricorso contro la riconversione dell’ospedale di Acquapendente in casa della salute, prevista dal decreto 247 del presidente e commissario ad acta per la sanità Nicola Zingaretti. Sono passate poche ore dalla dichiarazione dello stesso governatore del Lazio, tesa a rassicurare i cittadini di Amatrice in vena di secessione ma il clima si mantiene comunque surriscaldato e non servono certo altri annunci per raffreddare le tensioni. Sanità di provincia, sanità decimata. Da più parti si parla di desertificazione del territorio, di diritto alla salute negato, di standard del numero dei posti letto inferiore a quel 3,7 per mille abitanti che certo non rassicura. Tutto comincia il 30 settembre 2010, quando l’allora governatrice Renata Polverini pubblica il contestato decreto 80, sulla riorganizzazione della rete ospedaliera che vede la regione suddivisa in 4 macroaree, con unioni e accorpamenti che non hanno soddisfatto proprio nessuno. La reazione non si fa attendere: il 14 ottobre del 2010 i sindaci di Bracciano, Anagni, Monterotondo, Zagarolo, Ceccano, Canale Monterano, Pontecorvo, Itri, Manziana, con migliaia di operatori e cittadini, si ritrovano a Roma, in via XX Settembre a protestare sotto il ministero dell’Economia. “Auspico che la presidente Polverini e il ministro ascoltino le ragioni dei sindaci e, tutti insieme, si adoperino per una revisione del piano sanitario”, disse Nicola Zingaretti, all’epoca presidente della provincia di Roma, sostenuto da molti altri esponenti del Partito democratico e del centro sinistra che contestarono vivacemente le scelte di Renata Polverini, ripercorse oggi pari pari. Con i decreti di Zingaretti le cose non cambiano, anzi. E i sindaci di tutti i territori continuano dal frusinate alla valle dell’Aniene, passando per il pontino e il viterberse, la battaglia contro quello che reputano un attentato al diritto alla salute. Blocchi stradali, fasce tricolori restituite al prefetto, presidi e scioperi della fame, marce, diffide, ricorsi e, da ultime, minacce di secessione al momento rientrate. Campanilismo, difesa di rendite di posizione, di clientele? Saranno il tempo e i dati epidemiologici a rivelarcelo. Di fatto, se una comunità riceve appoggi da ogni parte, perfino dalla Curia, parlare di “proteste sopra le righe”, come si fa in Regione, non aiuta a risolvere i problemi.

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