Puntuale come il rintocco di campana che segna l’ora, si è tenuta il 13 febbraio la cerimonia d’inaugurazione dell’anno giudiziario 2024 della Corte dei conti. Il dato rilevante, e purtroppo prevedibile, è legato ai rilievi che i magistrati contabili hanno riservato al capitolo sanità: un settore che soffre di una “crisi sistemica” accentuata dalla fuga del personale sanitario, non adeguatamente remunerato. In sintesi, è emersa una “grave crisi di sostenibilità del sistema sanitario nazionale, che non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone e pesante aumento della spesa privata”. Sono noti i dati diffusi dai più accreditati istituti di ricerca, sul consistente numero di cittadini costretti a pagarsi l’assistenza in privato mentre i vari sistemi sanitari regionali rispondono a uguali esigenze della collettività in modo assolutamente difforme l’uno dall’altro. Elemento costante è la crescita della spesa sanitaria rispetto alle risorse a disposizione in continua flessione, costringendo le amministrazioni ad artifizi contabili per consentire di pareggiare il bilancio. Sulle discrasie evidenziate, punta il dito accusatore il presidente nazionale del sindacato Nursing Up Antonio De Palma, da anni in prima linea per la tutela delle professionalità del Servizio sanitario nazionale. “La relazione della Corte dei conti – fa presente in un comunicato –  evidenzia la crisi profonda in cui è piombata la sanità italiana, che ha alla radice, una voragine di professionisti che la politica fin qui non è riuscita, o non ha voluto in alcun modo a sanare”. Il presidente mette a fuoco la inadeguatezza di un servizio sanitario che “non garantisce una effettiva equità di accesso alle cure, situazione che è specchio fedele dei nostri appelli alla politica e delle nostre campagne e lotte di piazza”. E il report della Corte è chiaro in tal senso: sono 14 le regioni che raggiungono la sufficienza nei Lea, livelli essenziali di assistenza, rispetto alle 11 del 2020; in calo nei confronti delle 15 che nel 2019 rispondevano a tale requisito. Con criticità che permangono nelle regioni meridionali. Altro punto dolente l’assistenza domiciliare, servizio essenziale in un Paese in cui l’età media cresce costantemente insieme alle fragilità, in senso inversamente proporzionale ai posti letto in lungodegenza. Una nota di soddisfazione riguarda invece l’aumento della appropriatezza, sicurezza e qualità delle cure nelle strutture ospedaliere, frutto presumibilmente della costante attenzione dei soggetti preposti ai controlli. Resta inalterata la piaga dell’inefficiente impiego delle risorse nelle strutture sanitarie che, contestualmente, rivelano l’incapacità organizzativa di coprire la rete dell’assistenza territoriale, che vede il vulnus più evidente nella organizzazione ancora problematica dei servizi di emergenza e urgenza. “L’inadeguatezza del nostro sistema sanitario, rispetto alle esigenze della popolazione in termini di assistenza, non può essere più ignorata da parte della politica, o non può passare attraverso promesse vane o iniziative, peggio ancora, tardive e inefficaci”, chiosa De Palma. Un appello che non dovrebbe restare inascoltato. (AgenPress)

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