San Giacomo, una infinita storia di sprechi
Di risparmi ne ha garantiti pochi, di problemi ne ha creati tanti. Chiuso in tutta fretta dalla giunta Marrazzo il 31 ottobre del 2008 dopo una costosa ristrutturazione completata solo tre mesi prima, il San Giacomo non dà tregua agli amministratori. Individuato quale presidio da sopprimere per garantire il rientro dal debito sanitario non si sa, a tutt’oggi, quante migliaia di euro abbia fatto rientrare. Quasi volesse compiere la sua vendetta, l’ospedale di via Canova abbandonato da cinque anni, toglie il sonno agli amministratori mostrando le crepe e le vistose carenze strutturali che si aggravano di giorno in giorno. Per questo si è reso necessario uno stanziamento di 804.123 euro, deliberato nell’ultima seduta della giunta presieduta da Renata Polverini il 12 febbraio scorso “per il rifacimento in urgenza della copertura a seguito di rottura del manto per vetustà ed obsolescenza”. Così è scritto nel provvedimento adottato, sollecitato dal direttore generale della Asl Camillo Riccioni nel novembre dello scorso anno. E non è tutto. La struttura, che ha cessato la propria attività tra mille proteste, mobilitazioni, petizioni, appelli di cittadini, intellettuali, artisti e perfino qualche politico, ha continuato ad attingere risorse dai magri bilanci della sanità: oltre 150 mila euro all’anno, di cui 57 mila per “utenze ancora attive”, 43 mila per il “servizio manutentivo”, 24 mila per la “manutenzione straordinaria a seguito di interventi”, 25 mila per “smontaggio, trasferimento, reinstallazione di apparecchiature e componenti tecnici”. Ovvero una tac e una risonanza trasferite all’Eastman e al Nuovo Regina Margherita e fatte passare come nuove, con tanto di inaugurazione, dagli amministratori regionali. Nonostante l’inattività le spese sono rimaste inalterate fino a poco tempo fa quando la direzione aziendale, sommersa da un’ondata di indignazione collettiva, ha avviato le procedure per la disattivazione dei contratti di acqua, luce, riscaldamento ma non della vigilanza privata che dovrebbe scongiurare eventuali occupazioni della struttura. É di pochi giorni fa la proposta di un comitato di cittadini del centro di Roma, volta a ristrutturare l’ospedale per creare all’interno un polo di servizi sociosanitari destinati ai residenti, con costi a carico di cooperative interessate all’utilizzo futuro dei locali. Su tutto grava il vincolo di destinazione d’uso, inserito nel testamento del cardinal Salviati fondatore del nosocomio, che ne prevede l’esclusivo uso a fini sanitari. (Agenparl)