“L’ospedale feudo dell’Umbria”

Un medico del Forlanini, oggi in pensione, ricorda il periodo in cui i ternani gestivano l’azienda

“G li umbri in azienda? Una vera rivoluzione”, racconta Giancarlo, medico in pensione che nel 2005 vide la cosiddetta “calata dei ternani” al San Camillo Forlanini. “Il corridoio di direzione divenne la E 45 – scherza – perché non c’era ufficio che non fosse gestito dai numerosi collaboratori del direttore Macchitella, con incarichi innovativi: dal portavoce al bilancio sociale, passando per la segreteria direzionale, la gestione degli acquisti e il controllo di gestione. Arrivavano dall’Umbria ogni mattina, prelevati e riportati a Termini dalla macchina del servizio di vigilanza, con compensi totali pari a 350 mila euro annui”. Un lungo racconto, in cui emerge il dinamismo impresso dalla nuova gestione fino ad arrivare, nel 2006, alla delibera di chiusura del Forlanini per contrarre le spese. E anche qui “concorsi blindati, con vincitori dirigenti appartenenti alla grande famiglia. Si privilegiò l’arte in ospedale, per umanizzare le cure – conclude – con l’installazione di un’opera di Modigliani che a detta della società incaricata, retribuita con 160mila euro, era stato curato in ospedale nel 1909, ovvero vent’anni prima che il San Camillo venisse edificato”.

Il Museo all’Aperto Bilotti continua a crescere, posizionata una scultura di Modigliani

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