L’igienista dentale o, meglio il dottore in igiene dentale, è un professionista che vede sempre più accresciuta l’importanza della sua figura, grazie all’apporto alla prevenzione e alla promozione della salute orale, coadiuvando l’odontoiatra, nel rispetto della reciproca autonomia e responsabilità.  Tale figura ha radici lontane e prende le mosse da una risoluzione della Comunità europea del 1974 – Resolution (74)6 F – per essere poi disciplinata dal decreto del ministero della Salute numero 137 del 1999. Da allora, numerose norme si sono succedute, così come il contenzioso, sfociato di recente nella sentenza 2192 del 2022 pronunciata dal Tribunale penale di Messina il 24 novembre 2022, depositata il 13 giugno 2023 e resa definitiva dal 5 settembre 2023, in quanto non appellata dalla Procura della Repubblica. I giudici hanno assolto un professionista, accusato, ai sensi dell’articolo 348 del Codice penale, di “aver effettuato prestazioni quali sigillatura dei solchi e remineralizzazione dello smalto” che, si sosteneva, “sarebbero di competenza esclusiva del medico odontoiatra”. Al contrario, il Tribunale ha assolto con formula piena il professionista “perché il fatto non sussiste”. Dalla disamina della documentazione, l’esame delle norme, l’escussione dei testi, è emersa chiaramente la corretta condotta dell’igienista, che non è “un mero esecutore materiale di una prestazione indicata dall’odontoiatra”. A supporto di ciò, è ampio il quadro normativo relativo alle professioni sanitarie non mediche, tra cui quella del dottore in igiene dentale, con laurea triennale è regolamenta, oltre che dal primario decreto istitutivo del ’99, da disposizioni sulle professioni sanitarie – leggi 42 del ’99, 251 del 2000, 43 del 2006, 24 del 2017 e legge numero 3 del 2018 – che si insinuano fin nei minimi dettagli per stabilire ciò che è consentito e ciò che non sarebbe consentito senza indicazioni dell’odontoiatra. Il contenzioso tra professionisti sanitari, a dire il vero, ha radici antiche. Sono emerse nuove figure, essenziali specie nel campo della prevenzione, che non sempre hanno cementato l’alleanza per la salute tra professionisti, nei confronti di un cittadino sempre più smarrito di fronte a una sanità in difficoltà. Nel caso dell’igiene dentale, è ribadito in sentenza, la tesi accusatoria “si fonda su una fuorviante interpretazione da parte di esponenti degli odontoiatri di una recente sentenza del Consiglio di Stato”, la numero 1703 del 9 marzo 2020 “distorsiva e lesiva per la figura sanitaria dell’igienista dentale” è scritto sul cosiddetto “documento di posizionamento”, un vero e proprio regolamento con norme e profilo professionale di questa figura. Un professionista che gode di piena autonomia nel campo della prevenzione primaria, che non necessita della compresenza di un odontoiatra nell’esercizio delle sue funzioni e con piena assunzione di responsabilità per l’atto sanitario in corso di svolgimento. Nessun rischio per la salute degli assistiti quindi ma la piena applicazione di quanto stabilito con “raccomandazione” del ministero della Salute, in fatto di prevenzione della carie, escludendo paventati pericoli per la salute dei cittadini. Una sentenza in un certo senso rivoluzionaria, che stabilisce, una volta per tutte, l’inesistenza di una gerarchia tra professioni, seppellendo definitivamente lo iato tra figure ancillari e quelle primarie. Hanno accolto con soddisfazione tale esito, Teresa Calandra, presidente della Federazione nazionale degli Ordini tecnici sanitari radiologia medica e professioni sanitarie tecniche della riabilitazione e della prevenzione, per cui la sentenza “Rappresenta un tassello prezioso in un mosaico di consenso, che consolida ulteriormente la nostra sfida a garanzia dell’indipendenza e della piena riconoscibilità delle nostre professioni nel panorama sanitario nazionale” e Caterina Di Marco, presidente della commissione di Albo nazionale degli Igienisti dentali. “Tale decisione rappresenta un cambio di passo per l’esercizio della professione in Italia, ponendo le basi per un significativo cambiamento culturale e per favorire una effettiva e generale consapevolezza dell’autonomia di ogni professione sanitaria”. Il tutto nel segno della tutela della salute e, soprattutto, nel ristabilimento di una serenità tra professionisti, che non può che giovare al servizio sanitario.

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