L’Italia rischia di essere la Nazione dove il paradosso può diventare normalità. La cronica carenza di medici sta mettendo a rischio il diritto all’assistenza per i cittadini. Però l’affannosa ricerca di soluzioni odierne, se non sostenuta da una adeguata programmazione, rischia di generare tra un decennio, l’effetto contrario. Se è vero che nel breve bisogna far fronte all’esercito di professionisti che vanno in pensione o scelgono di abbandonare il Servizio sanitario nazionale, in futuro il rischio è di assistere a una inversione di tendenza, con giovani leve immesse nel mondo del lavoro a fronte di un ridotto numero di posti disponibili. Un quadro che potrebbe generare una crisi di sovraffollamento che, inevitabilmente, si ripercuoterebbe sulle possibilità di offrire posizioni libere e sulla forza delle retribuzioni. Generando così un mercato al ribasso, quando uno dei problemi della professione medica è l’adeguamento degli emolumenti alla media dei colleghi europei. Bisogna quindi intervenire rapidamente per affrontare oggi con vigore le carenze del personale. Abbiamo un piccolo esercito di medici in formazione, gli specializzandi dell’ultimo anno, che vanno valorizzati, formati, cresciuti dando una spallata al mondo dei baroni della medicina. Basta con giovani camici bianchi utilizzati per svolgere funzioni burocratiche e amministrative quando il loro ruolo può già essere attivo. E da qui iniziare a inquadrare il futuro, collaborando con il mondo universitario, per indirizzare verso le specialità mediche più scoperte coloro che sceglieranno i percorsi di medicina e chirurgia. Senza programmazione, senza collaborazione la sanità italiana non riuscirà mai a rialzare la testa e garantire alla popolazione, nel nome della giustizia sociale, il diritto alle cure per tutti come sancito dalla nostra Costituzione.

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