Ė una sorte tremenda quella toccata a Franco, gli amici lo chiamavano così. Una brutta storia in cui una concatenazione di eventi nefasti ha causato la morte di un uomo che in altre circostanze avrebbe potuto salvarsi. Burocrazia, sciatteria, carenze sanitarie e informazioni distorte non hanno lasciato scampo al 65enne di San Fermo della Battaglia, che si era rivolto alla locale farmacia “San Michele” per un elettrocardiogramma. Dalla sera del 28 aprile avvertiva un dolore al braccio e al petto, sintomi che dovrebbero indurre chiunque a recarsi immediatamente al più vicino pronto soccorso. Il comune in provincia di Como però offre una opportunità in più con la locale farmacia “di servizi”, recente istituzione che, insieme alla vendita di specialità medicinali, consente l’esecuzione di esami clinici e accertamenti non molto complessi, per supplire al vuoto di una sanità territoriale tanto annunciata ma mai decollata seriamente. Un provvedimento che non ha incontrato una approvazione incondizionata, specie da parte di chi sostiene che tale compito sia da affidare esclusivamente a un medico, il solo in grado di fronteggiare eventuali emergenze. Nel caso di Franco, la mattina del 29 aprile l’esame con esito in tempo reale, aveva evidenziato un infarto in corso, che ha stroncato la sua vita all’istante, nonostante il prolungato massaggio cardiaco effettuato dai farmacisti. A nulla è servito l’intervento di una ambulanza della Croce verde, arrivata in 19 minuti. Tantomeno si è reso utile il defibrillatore posizionato nella piazza vicina alla farmacia, perché fuori uso da diverso tempo, una ulteriore complicazione che ha il sapore della beffa. Il dispositivo salvavita fu donato al comune di San Fermo nell’aprile del 2021 ma, essendo un prodotto di importazione, non era inserito nella cosiddetta mappa “Dae” – defibrillatore automatico esterno – gestita dall’Azienda regionale di emergenza urgenza (Areu) lombarda, che consente la periodica revisione di tali strumenti. Quello nuovo, arrivato in sostituzione, è stato installato nel campo di calcio e ancora si attende l’apparecchio  ordinato da tempo. Una vicenda che mette in luce tutte le storture legate a una inesistente medicina territoriale e che pone mille interrogativi legati all’uso, talvolta strumentale, dei defibrillatori salvavita, esibiti spesso come grande conquista di qualche amministratore, senza verificarne l’effettiva funzionalità. Critiche severe provengono dall’Aisi, associazione di imprese sanitarie indipendenti, che, in relazione alle competenze attribuite ai farmacisti, parlano di “politiche pericolose e ingannevoli, non essendo i farmacisti medici né infermieri”. Una polemica destinata a non esaurirsi non essendo, secondo l’Aisi le farmacie “presidi sanitari con tutti i crismi, che non possiedono né gli strumenti, né il personale, né le autorizzazioni per esserlo”. Una ambiguità che va superata, per la sicurezza dei cittadini.

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