L’inconcepibile Via Crucis degli oncologici
Alla Ulss 3 di Venezia Serenissima, difficoltà per la “presa in carico” dei pazienti
Presa in carico, empatia, umanizzazione: in un ospedale non dovrebbero mai venir meno, specie quando si ha a che fare con persone affette da patologie oncologiche. Nella sanità veneta, che come ha più volte sostenuto il presidente della Regione Luca Zaia “gode di ottima salute”, è noto l’impegno riservato all’accoglienza e ai percorsi diagnostico-terapeutici preferenziali ma, talvolta, qualcosa non va per il verso giusto. Per questo abbiamo preso a cuore quanto riferitoci da Paolo, lo chiameremo così, che dal 2021 è in cura presso l’Oncologia dell’ospedale di Dolo – Ulss 3 Venezia Serenissima – che frequenta periodicamente per sottoporsi a terapie, analisi e accertamenti di vario tipo, legati alla malattia che lo ha colpito e con cui da quattro anni convive, ricevendo tutte le cure del caso, insieme agli approfondimenti necessari. Nulla da eccepire sulle terapie che finora hanno dato positivi riscontri; di altrettanta fiducia da parte sua, godono gli specialisti che con estrema competenza e particolare dedizione non tralasciano alcun particolare riferito alle sue condizioni di salute. Nella lettera che ci ha inviato, traspare però un senso di sconforto per alcuni aspetti che potrebbero sembrare marginali e che, al contrario, per una persona sottoposta a cure costanti e invasive, diventano essenziali. In un reparto di eccellenza, qual è l’Oncologia di Dolo, che pone tra i primi punti della sua “mission” la “presa in carico globale del paziente e la garanzia di percorsi diagnostico-terapeutici preferenziali”, Paolo si chiede come mai, nel giorno in cui si è convocati per i controlli di routine, con appuntamento fissato e orario stabilito nelle prime ore del mattino, i tempi di attesa si dilatano a tal punto da non consentire il ritorno a casa prima dell’ora di pranzo. Per quanto attiene alla presa in carico, termine con cui si intende un percorso sanitario programmato, in cui la persona bisognosa di cure non dovrà più prenotare autonomamente gli accertamenti prescritti dallo specialista ma sarà lo stesso medico a occuparsi di tale aspetto, emerge che a Paolo è stata riservata negli ultimi tempi una estenuante via crucis tra un ambulatorio e l’altro, unita all’incombenza di ritirare da sé i responsi e riportarli in Oncologia. Una procedura inconcepibile e una mancanza di coordinamento tra servizi che sconcerta. Come non si comprende il motivo per cui, in previsione di una indagine che richiede esami clinici di laboratorio, l’assistito debba ricorrere alla prescrizione del proprio medico di famiglia piuttosto che accedere direttamente alle analisi in reparto. Non possiamo che sottoporre tali quesiti all’assessore alla Sanità del Veneto Manuela Lanzarin, di cui abbiamo avuto modo di apprezzare l’impegno, grazie alle notizie che riceviamo e volentieri pubblichiamo sul nostro sito. Non sappiamo se tali disguidi siano imputabili a un mero caso o se, al contrario, si tratta di problemi organizzativi di un nosocomio che è comunque una eccellenza nell’offerta sanitaria. In una sanità sempre più moderna e attrezzata, che affida la propria organizzazione alle procedure informatizzate, riteniamo che non sia impossibile porre rimedio a piccoli disguidi che influiscono però in modo negativo sulla psiche di un paziente oncologico, già provato dalla sua condizione clinica.