Forlanini: si chiude il ‘rubinetto’
Elevati i costi della fornitura d’acqua a causa di guasti al collettore e di probabili allacci illegali
La notizia è di quelle che provocano un irrefrenabile fastidio ai cittadini: un ospedale chiuso da anni, abbandonato, non utilizzato, continua a produrre illogici costi per la collettività. Ė ciò che si è appreso dalla notizia diffusa dal quotidiano “Il Tempo” di Roma, con data 19 marzo 2025, in un documentato articolo a firma di Antonio Sbraga, relativo alla dismissione del Forlanini, nato nel 1934 come sanatorio, diventato ospedale e oggi lasciato all’oblio. Il tutto è riconducibile ai costi per l’utenza dell’acqua che, si presume, in un edificio chiuso dovrebbero essere più o meno prossimo allo zero o, quantomeno ridotti all’osso. Al contrario, dal 2015 a oggi la bolletta della fornitura idrica è costata salata al vicino ospedale San Camillo, a cui l’utenza fu trasferita al momento della chiusura. Risorse che, sebbene sborsate dal nosocomio che ha accolto reparti e servizi trasferiti dal vicino Forlanini, sono riconducibili alle casse della sanità pubblica gestita dalla Regione, ovvero alle tasche dei cittadini del Lazio, che a tutt’oggi pagano l’Irpef più cara d’Italia. Per comprendere meglio la kafkiana vicenda, riassumiamo la storia. Il 30 giugno 2015, con decreto del commissario ad acta per la sanità regionale Nicola Zingaretti, il Forlanini viene chiuso definitivamente, nonostante le numerose prese di posizione contrarie, provenienti da vari ambiti. Ben presto, ci si rende conto dell’impossibilità di trasferire tutti i servizi dell’ex sanatorio all’incapiente San Camillo e questo viene certificato da uno scambio di note tra la direzione dell’ospedale sulla Gianicolense, che con il Forlanini costituiva un’unica azienda ospedaliera e la Regione Lazio. Ė la direzione del Demanio e patrimonio di quest’ultima, con una nota – protocollo numero 202684 del 14 aprile 2015 – a parlare di un “piano operativo” che il San Camillo doveva “elaborare entro il 2015 per allocare le attività ancora presenti nell’ex ospedale Forlanini”. Di fatto, fu mantenuta una “regolamentazione concessoria” che consentiva al primo di godere dell’uso di quasi 20mila metri quadrati negli edifici dismessi, per fini sanitari. E per gli strani intrecci del destino, che superano ogni volere burocratico, alla Regione fu affidata la gestione e manutenzione degli impianti, delle utenze e dei fabbricati mentre al San Camillo sono stati attribuiti i costi, cresciuti in modo esponenziale, a causa delle copiose perdite del collettore idrico generale. Così, nel 2024, per l’acqua sono stati spesi ben 631.818 euro, ovvero 52.651 al mese e ben mille e 755 al giorno, che uniti ai 255.455 euro di presunti consumi dal 17 agosto 2024 al 16 gennaio 2025 e sommati ai 2milioni di costi, a partire dal 2015 al 2022, arrivano a poco meno di tre milioni. Un vero eccesso per un complesso inutilizzato, di cui nessuno ha provveduto a risanare i guasti. E si scopre la sorpresa. Secondo fonti dell’azienda comunale di fornitura acqua ed elettricità, sarebbero stati scoperti ben tre allacci illegali, il frutto dell’abbandono e del disinteresse. Per fortuna, l’attuale direzione regionale del Demanio e patrimonio, sollecitata dall’Associazione “La Fenice”, sempre attenta alle criticità sanitarie, più che spedire lettere è corsa ai ripari, interrompendo l’illegale fornitura e risanando le numerose perdite del collettore idraulico. A cui si aggiunge la grande perdita di un complesso come il Forlanini, che sarebbe indispensabile per le esigenze sociosanitarie dei cittadini.