Vaiolo, Aodi: “Si prevenzione, no allarmismo”

“Lanciamo il nostro appello per quanto riguarda la diffusione del vaiolo delle scimmie invitando tutti a maggiore prevenzione e attenzione nei comportamenti alimentari, dei contatti e rapporti sessuali in particolare nelle zone dove si registrano i contagi”. Lo dichiara Foad Aodi, presidente dell’associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e della Unione medica euro mediterranea (Umem). Il professore, fortemente impegnato nella attività di informazione sui media, in qualità di membro della commissione Salute globale presso la Federazione degli Ordini dei Medici, punta sulla diffusione di notizie corrette ma non allarmistiche. “Occorre divulgare un messaggio preciso, scientifico e non allarmante – raccomanda Aodi – il nodo è che in poco tempo si sono registrati più casi a differenza del passato della malattia, nota come Monkeypox, che continua a essere monitorata con attenzione”. Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli Stati in cui è stata segnalata la malattia – 92 casi in 12 paesi – sono Australia, Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti, paesi in cui la patologia non è endemica. il vaiolo delle scimmie è solitamente una malattia “autolimitante”, da cui si guarisce la maggior parte delle volte entro poche settimane senza trattamento. Il virus, tuttavia, può rivelarsi più grave nei bambini piccoli, nelle donne in stato di gravidanza e negli individui immunodepressi. “In ogni caso sarebbe un errore stigmatizzare gruppi di persone – sottolinea Aodi – piuttosto è da temere la possibilità che si incorra nel pericolo di una diffusione non rilevata, da parte di soggetti che sfuggono alla notifica dei casi, come migranti e rifugiati”. La polemica nasce da un comunicato dell’Oms, che aveva fatto riferimento alla maggiore diffusione tra particolari categorie, individuando i soggetti colpiti piuttosto che i comportamenti a rischio e non è una novità. Anche gli esordi dell’Aids furono caratterizzati dallo stigma verso gruppi precisi salvo poi ricredersi, purtroppo, con una diffusione più capillare.

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