Sanità carceraria, passi avanti nel Lazio
Al via il piano regionale di riorganizzazione, con risorse alle Asl in cui si trovano gli istituti di pena
Non è un semplice documento, buono per annunci e titoli di giornale che difficilmente vedrà attuazione. Il piano regionale per la “Riorganizzazione dei servizi sanitari in ambito penitenziario nel Lazio” viene da lontano e guarda lontano. Si tratta di un “lavoro congiunto” che la Regione guidata da Francesco Rocca ha portato avanti “in stretta collaborazione con le istituzioni sanitarie, penitenziarie e giudiziarie del territorio”, dichiarano dagli uffici di via Cristoforo Colombo e non potrebbe essere altrimenti, considerata l’allarmante situazione dei nostri penitenziari, su cui ha richiamato l’attenzione il presidente Sergio Mattarella, seguito dall’accorata lettera di chi quella condizione la vive personalmente: l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. Del sovraffollamento carcerario, risentono anche le condizioni di salute dei reclusi, una situazione ben nota, grazie ai rilievi dell’Osservatorio regionale sulla sanità penitenziaria e alle audizioni in commissione Sanità e politiche sociali del Consiglio regionale del Lazio a cui l’amministrazione sembra voler prestare ascolto. Per questo è stato approvato il piano di riorganizzazione, che mira a potenziare il supporto alle singole Asl sul cui territorio sia presente uno o più istituti penitenziari. “La salute è un diritto fondamentale, che appartiene a ogni persona, senza distinzione – ha dichiarato il presidente Rocca – con questa riorganizzazione, la Regione Lazio compie un passo concreto per garantire cure adeguate e dignitose anche a chi vive in una condizione di restrizione della libertà. È un impegno che portiamo avanti con serietà, ascolto e collaborazione, convinti che una società giusta si misura anche dalla sua capacità di non lasciare indietro nessuno”. Il Lazio è la quarta regione per numero di detenuti (preceduta da Lombardia, Campania e Sicilia) con un tasso nettamente superiore al 100% della capienza degli istituti penitenziari. Tra Roma, l’area metropolitana e le quattro province, ne sono presenti 14: 3 case di reclusione, 11 case circondariali – di cui una femminile – che ospitano un totale di circa 6.800 detenuti, di cui il 37% stranieri (32% a livello nazionale) e con punte superiori al 50% negli Istituti di Regina Coeli e di Rieti. Tutte le Asl, esclusa la Roma 5, si trovano a gestire almeno un istituto di detenzione e le aziende, nessuna esclusa, si sono trovate di fronte alle insormontabili difficoltà dovute al lento avvio della riforma della sanità penitenziaria, fino al 1999 gestita dal ministero della Giustizia. Partito quell’anno, con il decreto numero 230, il passaggio di consegne al dicastero della Salute in tema di cure e assistenza ai reclusi ha richiesto un ventennio per trovare piena applicazione. Nel tempo si sono succedute norme nazionali, regionali, accordi tra Stato ed enti locali e ancora, tavoli tecnici, gruppi di lavoro e osservatori territoriali, che hanno appesantito notevolmente una riforma problematica fin dall’esordio. E ora il Lazio si appresta a riorganizzare per i reclusi i settori della medicina di base, della specialistica, della prevenzione specie per i soggetti vulnerabili, della tutela della salute mentale e il monitoraggio per i disturbi legati all’assunzione di sostanze, per arrivare alla definizione di percorsi diagnostico-terapeutici che assicurino la garanzia dei livelli essenziali di assistenza.