Riuniti Anzio-Nettuno: è battaglia per il punto nascita
Il reparto non riapre, nonostante il voto regionale favorevole e una petizione cittadina
Punto nascita ospedali Riuniti Anzio-Nettuno: ricomincia il conflitto territoriale. Secondo il “Piano integrato di attività e organizzazione 2023-2025”, documento regionale predisposto per la Asl Roma 6, era prevista la riapertura del reparto ad Anzio, con il reclutamento di 4 medici neonatologi, 4 ginecologi e 10 ostetriche. Un obiettivo atteso da tempo, considerato che da anni il servizio aveva assistito a una inesorabile dismissione. A quanto pare, le sorti della maternità del nosocomio del litorale pontino – con un bacino di utenza di 100mila residenti che lievitano in estate – rimangono tal quali a prima perché tale previsione risulterebbe disattesa e cancellata, in favore dell’ospedale Paolo Colombo di Velletri, anch’esso in attesa della riapertura di un servizio tanto essenziale per un nucleo di residenti altrettanto consistente. E si riaccende la guerra dei campanili, che ha registrato il suo picco nella campagna elettorale per il ballottaggio dell’1 e 2 dicembre tra i candidati a sindaco dei due comuni Anzio e Nettuno, con la vittoria in entrambi della coalizione di centrosinistra. Inevitabile lo scontro con la Regione Lazio guidata da Francesco Rocca. Tanto che il Consiglio comunale di Anzio ha chiesto un incontro urgente allo stesso Rocca e una riunione congiunta con il parlamentino di Nettuno. Mobilitati anche i cittadini che con il “Comitato per la riapertura del punto nascita dei Riuniti Anzio Nettuno” hanno firmato in 5.000 un appello indirizzato alla Asl e alla Regione, forti anche di un ordine del giorno proposto nello scorso novembre da Alessandra Zeppieri del Polo progressista e approvato all’unanimità dal Consiglio regionale, che ha quale oggetto “Mantenimento e implementazione del punto nascita dei Riuniti di Anzio Nettuno”. In realtà tutto nasce da molto lontano, dalle discutibili disposizioni legate al decreto del ministero della Salute numero 70 del 2015, che ridisegnava una sanità in funzione delle disponibilità di cassa, piuttosto che sulle esigenze della collettività. A farne le spese sono stati numerosi servizi, tra questi le sale parto degli ospedali minori che, registrando un numero di nascite annue inferiori ai 500 lieti eventi, dovevano essere soppresse per motivi di bilancio. Una disposizione fortemente criticata da più parti e rimessa ora in discussione, tanto che il 4 aprile 2023 la XII Commissione parlamentare Affari sociali, ha approvato una “Risoluzione per aggiornare gli standard per la distribuzione dei punti nascita” che impegna il governo a rivedere le pregresse normative, in cui si privilegiano, piuttosto che i dati statistici legati al numero di nascite annue, gli indici di sicurezza e affidabilità per partorire in tutta serenità. Chissà se la Regione Lazio e la Asl Roma 6 ne sono a conoscenza. (Nella foto: ospedale di Anzio)