Il Forlanini e le mire dell’Arabia

Per l’ospedale di Monteverde ci sarebbe l’interessamento di investitori mediorientali e si fa avanti anche il Bambino Gesù. Le proposte annunciate nell’assemblea del Coordinamento “Forlanini bene comune”

Se non fosse per l’autorevolezza del personaggio, il racconto ricorderebbe il celebre episodio del film “Totò truffa”, in cui un intraprendente Antonio De Curtis avvia le trattative per vendere la Fontana di Trevi a un ingenuo turista italoamericano. Più o meno, dalle parole di Massimo Martelli, trapela lo stesso spirito che animava il grande attore napoletano: dimostrare come un bene pubblico quale l’ospedale Forlanini, possa ridursi a oggetto di trattativa alla mercè di avventurieri e poteri oscuri, Nella realtà, una vera trattativa tra il conte Filippo Antonelli e alcuni stranieri che intendevano captare l’acqua della monumentale fontana ci fu davvero, nel 1857 come riportano le cronache dell’epoca. Nel caso di Martelli invece, è noto da tempo lo strenuo impegno con cui il professore difende il nosocomio, che lo vide primario chirurgo toracico poi commissario straordinario. In tale veste, propose nel 2010 un progetto di riconversione e oculato utilizzo della struttura che non trova ancora validi interlocutori. Il professore ne ha parlato il 1° febbraio, nel corso della assemblea indetta dal “Coordinamento per il Forlanini Bene comune”, un incontro molto partecipato, nei locali della parrocchia Regina Pacis a Monteverde vecchio. Almeno una ventina gli interventi, tra cittadini, operatori, associazioni varie, rappresentanti Cgil e alcuni candidati alle prossime elezioni regionali di tutti gli schieramenti, che dimostrano come il tema della chiusura dell’ospedale con conseguente abbandono da parte della Regione Lazio sia di scottante attualità. Martelli ha narrato come, nell’immaginario collettivo figuri sorprendentemente lui e non i vertici regionali, quale massima autorità che si occupa del futuro del nosocomio. Tanto che un investitore arabo lo interpellò qualche tempo fa, per stabilirne le condizioni della compravendita, ricevendo il consiglio di rivolgersi alla Regione Lazio, l’ente preposto. Sbalorditiva la risposta dell’interessato: “Allora professore nessun problema: arriverò davanti all’ospedale con il presidente e lui me lo aprirà con le chiavi”. Per fortuna nessuna vendita al momento può essere autorizzata, grazie al ricorso al Tar presentato dal Comitato “Roma 12 per i beni comuni” la cui udienza di merito si discuterà il prossimo 23 aprile. Intanto, tra elezioni incombenti e proposte mal digerite dai cittadini, quale quella dell’assessore alla Sanità e candidato alla presidenza regionale Alessio D’Amato di fare del Forlanini la nuova sede del Bambino Gesù, in assemblea si ribadisce con forza da parte di tutti, l’idea che la struttura deve rimanere pubblica ed essere destinata a servizi sociosanitari. Con diverse sfumature: un centrodestra più incline a includere il privato per sopperire alle carenze della sanità pubblica, un centrosinistra che difende la struttura senza però trovare interlocutori istituzionali che diano forza a tale istanza e una sinistra che, oltre a sostenere la rinascita del Forlanini si batte per la sanità pubblica, universale e gratuita. Un diritto che sembra affievolito dal massiccio ricorso al privato che nel Lazio ha incrementato del 50 per cento in più le risorse di parte regionale. Intanto, tra Santa sede e intraprendenti arabi, il pensiero corre a quanto verificatosi in Sardegna, dove in commissione Sanità, il 10 luglio 2018 il consigliere del Partito sardo d’azione Giovanni Satta, dichiarò che nell’isola si era “rinunciato a tanta sanità pubblica pur di avere il Mater Olbia”, finanziato dalla Qatar Foundation Endowment, che ha conquistando una larga parte di sanità isolana, partendo proprio dal Bambino Gesù. (Nella foto: l’assemblea del 1° febbraio)

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