Diritto alla salute: c’è un’Italia che viaggia a due velocità, in base alla collocazione geografica. Ė quanto emerge dal monitoraggio dei Lea, i livelli essenziali di assistenza – prestazioni minime che devono essere obbligatoriamente garantite dal Servizio sanitario nazionale – da parte del ministero della Salute. Una valutazione che ha visto un’appendice con la successiva analisi della Fondazione Gimbe, una società privata che si occupa della medicina delle evidenze, che ha stilato una vera e propria classifica tra le regioni sulla base dei dati relativi al 2020. Superfluo sottolineare che il Sud Italia appare penalizzato rispetto al Centro-Nord, che piazza tra le 11 regioni che hanno superato l’esame soltanto la Puglia, a cui fanno compagnia l’Emilia-Romagna, il Friuli-Venezia Giulia, il Lazio, la Lombardia, le Marche, il Piemonte e la Provincia autonoma di Trento. Tra i territori con le insufficienze troviamo l’Abruzzo, la Liguria, il Molise e la Sicilia che non rispettano uno dei tre parametri previsti mentre Basilicata, Campania, Sardegna, Valle d’Aosta e Provincia autonoma di Bolzano difettano in due dei tre standard. All’ultimo posto, in posizione non certo invidiabile, la Calabria che non centra nessuno dei tre obiettivi previsti. Tra questi, la prevenzione, a cui è riservata la maglia nera della valutazione, essendo stata fortemente penalizzata in termini di prestazioni offerte. Per la complessa analisi, il ministero della Salute ha adottato un metodo che prevede tre aree di competenza: la prevenzione collettiva, l’assistenza a livello distrettuale, ovvero tutte le prestazioni offerte sul territorio e l’assistenza ospedaliera. Le griglie di valutazione disponevano di un punteggio da 1 a 100: ogni regione è adempiente se supera i 60 punti in ognuna delle tre aree. Al contrario, non supera il giudizio anche se ha una sola insufficienza. Un metodo rigoroso che, se da una parte consente un controllo sull’operato di Asl e ospedali, dall’altra non risolve gli atavici problemi da cui è afflitta la sanità pubblica. Un settore pesantemente colpito dalla pandemia, che non ha fatto che accentuare problemi già presenti, penalizzando in particolare le regioni meridionali.

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