Tagli alla sanità, le ambulanze non sono immuni. Dall’equipaggio dotato di tre unità – infermiere, autista e barelliere – si è passati nel 2015 a una riduzione delle figure professionali, eliminando il barelliere e tramutando l’autista in soccorritore. Un aggravio per il servizio, specie in caso di trasporti difficili o quando necessitino manovre di soccorso particolarmente complesse. In seguito a tale disposizione, sancita in un decreto a firma di Nicola Zingaretti, all’epoca commissario ad acta per la sanità del Lazio, i carichi di lavoro sono notevolmente aumentati e a nulla sono valse le rivendicazioni sindacali volte a sanare tale anomalia. Contestualmente, sono aumentate le aggressioni ai professionisti del soccorso, alimentate dalle difficoltà organizzative e dalla impossibilità di applicare correttamente le procedure e i protocolli adeguati, tarati sull’equipaggio di tre operatori. Tutto questo non poteva non avere conseguenze sugli infermieri e gli autisti, che lamentano sempre più patologie muscolo-scheletriche e malattie professionali, provocate dalle aumentate difficoltà delle operazioni di trasporto. Se a tutto questo si aggiunge il blocco delle assunzioni, il quadro è piuttosto complesso. Nonostante le richieste pervenute più volte alla Regione Lazio da parte dei sindacati, non si è mai provveduto ad attivare il turn-over, con sostituzione del personale andato in pensione mentre l’Azienda regionale di soccorso, Ares 118, non ha mai inserito nel piano triennale del fabbisogno di personale, la figura del barelliere, avallando – secondo i sindacati – una scelta che negli anni si è rivelata nefasta, che non svantaggia soltanto gli operatori ma si ripercuote sui cittadini da assistere.

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