Palazzo Baleani: “la salute delle donne dimezzata”

Palazzo Baleani Roma, corso Vittorio Emanuele II, un vero e proprio pronto soccorso per le donne affette da patologie mammarie o con sospetto, che in caso di emergenza possono accedere ed essere assistite immediatamente senza file, senza liste di attesa, senza incombenze burocratiche. Da due anni questo indispensabile presidio è al centro di un contenzioso di cui sembra lontana la soluzione, nonostante le rassicurazioni fornite dall’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato, tutte documentate in un filmato fortuitamente reperito in rete.  Aprile 2019, nella sede nazionale del Pd del Nazareno si svolge un incontro politico ad altissimo livello. Sono presenti le rappresentanti delle associazioni delle donne, prime fra tutte “La Fenice” e “Antigone” insieme allo stesso assessore D’Amato. Alle spalle dei convenuti campeggia un gigantesco logo del partito, forse un’ulteriore garanzia di riuscita o uno strumento di “moral suasion” per i più tenaci. Il dibattito è serrato, i toni si scaldano ma il titolare della sanità garantisce l’assoluta continuità del servizio, le cui condizioni saranno riportate in un decreto del commissario ad acta per il rientro dal deficit – carica ricoperta dal presidente Nicola Zingaretti – che dovrebbe essere licenziato a breve. “Mi assumo l’onere di garantire questo percorso – attacca D’Amato – con un preciso cronoprogramma e il corretto inquadramento della situazione. Si va a un ampliamento dei servizi, non a una riduzione”. Ma la situazione è complessa, di quelle tipicamente italiane fatte di collaborazione/commistione tra due soggetti, in questo caso il policlinico universitario Umberto I proprietario dello storico edificio e l’Istituto dei tumori Regina Elena (Ifo), che gestisce l’attività e i cosiddetti “percorsi diagnostico terapeutici assistenziali di diagnostica integrata multidisciplinare per le patologie mammarie e ovariche”. Tra i due enti esiste dal 2017 un accordo di collaborazione scientifica e assistenziale ma le difficoltà del momento per la prosecuzione dell’attività fanno si che si aggiungano norme a norme: con la delibera 312 che il Consiglio di amministrazione della Università “La Sapienza” approva il 22 ottobre 2019, si dà il via libera all’accordo di collaborazione; il 2 dicembre con il decreto commissariale di Zingaretti U00488 viene istituito il “Centro avanzato per la tutela della salute della donna” con lo stanziamento di 3 milioni. Il 5 febbraio 2020 con delibera 167 c’è la “presa d’atto” dell’Istituto Regina Elena Ifo dell’accordo per la creazione del centro che però non decolla, lavora a ranghi ridotti. “Colpa del Covid” si dice in giro, quasi fosse un ufficio comunale. In realtà rallentamenti e difficoltà permangono a tutt’oggi, tanto che il 27 maggio scorso, i consiglieri regionali di Fratelli d’Italia Massimiliano Maselli, Chiara Colosimo e Antonello Aurigemma hanno richiesto al presidente della commissione Sanità del Lazio Rodolfo Lena (Pd) un’audizione, cui è seguita il 14 giugno l’interrogazione 1156 del consigliere della Lega Daniele Giannini, che ancora attende risposta. Di fatto, quel terzo e parte del quarto piano di palazzo Baleani, con tanto di piantina allegata al progetto di ristrutturazione (nella foto), “accolgono soltanto una piccola parte di donne – ci dicono dai comitati di tutela – quelle sotto i 50 anni o quelle già in trattamento, azzerando una parte fondamentale di prevenzione per tutte le altre, che dopo la menopausa sono le più soggette a patologie. Un dimezzamento dell’assistenza inaccettabile”.  

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