Pnrr Sanità: resilienza pubblica, ripresa del privato

Sanità post Covid, progetti di ripresa e resilienza. Quale sarà il modello? Vinta la battaglia dei vaccini, grazie a un banchiere e a un generale, superate le difficoltà di ospedali allo stremo per le accettazioni dei pazienti – ma non quelle ordinarie di offerta assistenziale per altre patologie – ora si guarda alle possibilità garantite dalla profusione di risorse per imprimere una svolta al Paese. Al di là della genericità degli enunciati, i gruppi più avvertiti sono già ai blocchi di partenza mentre ai decisori della sanità pubblica sembra riservata, al più, la parte di coloro che impartiscono l’ordine di muoversi. Non è un’opinione, siamo soliti guardare ai fatti. Giorni fa, in redazione, è arrivata la mail di Cesare, malato oncologico con una forma di tumore rara e aggressiva. Ha dovuto fare ricorso alle cure dell’Istituto oncologico veneto di Padova, un ex sanatorio, ora istituto di ricerca e cura (Irccs), perché a Roma e nel Lazio non ha trovato risposte adeguate. Meriterebbe una riflessione la storia di questo centro di eccellenza: inaugurato nel 1935, nel 2005 con legge regionale è stato riconvertito e oggi è ritenuto un importante punto di riferimento a livello nazionale. Chi vuole può fare gli opportuni paragoni. Ma torniamo a Cesare. Bisognoso di Tac di controllo, ha provato e riprovato al Cup regionale – che con il nuovo corso ci dicono sia notevolmente peggiorato – ricevendo soltanto dinieghi. “Nun c’è gnente” si è sentito rispondere, così proprio in dialetto storpiato. Sorprendentemente, dopo breve ricerca in altre strutture, lo ha raggiunto una chiamata dell’ospedale San Carlo di Nancy, recentemente acquisito dal Gruppo Villa Maria: in pochi minuti è stato convocato e ha effettuato l’esame. Altre voci che ci hanno raggiunto sono storie di donne, pazienti in trattamento per la cura del cancro al seno che non ricevono più assistenza di secondo livello, perché le unità operative dedicate, in tutti gli ospedali pubblici risulterebbero indisponibili, salvo quella del San Giovanni. Un po’ poco per il panorama romano, considerato che anche i medici in servizio presso questi centri avrebbero lanciato l’allarme. Non ci soffermiamo sulle cifre spaventose di esami saltati, sospesi, rinviati. Sono state abbondantemente diffuse nei giorni scorsi. Ci permettiamo soltanto di manifestare la nostra sorpresa, di fronte a gruppi imprenditoriali della sanità privata e/o religiosa che a mano a mano stanno occupando una parte importante nel campo della assistenza. Dalla rinascita del Columbus (Gemelli) per pazienti Covid alla veloce riconversione del centro cardiologico Palocco (Gruppo Villa Maria) per accogliere gli infettati. Dal trasferimento in blocco del reparto di chirurgia dell’ospedale San Camillo de’ Lellis di Rieti per far posto a letti Covid, al ‘Villa Tiberia Hospital’, clinica sempre del Gruppo Villa Maria. Encomiabile il tempismo con cui la clinica di Montesacro ha attivato nove posti di Terapia intensiva, inesistenti pochi giorni prima del trasferimento, mentre l’ospedale di Magliano Sabina, vicino al De Lellis e dotato di sale operatorie con tutti i crismi, letti di ultima generazione con 4 milioni di euro investiti pochi anni fa, è ridotto all’insoddisfacente rango di casa della Salute. Per non parlare del Campus Biomedico di Trigoria, lo fanno già a sufficienza i notiziari tv, sovente impegnati a raccontare i pregi di tali strutture accreditate. Questi sono alcuni fatti, le conclusioni le traggano i nostri amati lettori. (Nella foto: l’ingresso del Campus Biomedico)

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One thought on “%1$s”

  1. È indescribile e inaccettabile tutto quello che succede nella sanità del Lazio.Soldi spesi invano, malati ridotti allo stremo. Un vero disastro.

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