Morti sul lavoro: da 13 anni si attende la ‘patente a punti’

Morti sul lavoro, una settimana tragica. Dal 3 maggio è drammatica la catena di infortuni in cui hanno perso la vita troppi lavoratori. Se ne contano almeno sei e tutto ciò è inconcepibile. Prato, Busto Arsizio, Bergamo, Parma, Gubbio, Per le aziende spesso la sicurezza è una trascurabile incombenza piuttosto che un dovere cui ottemperare inderogabilmente. Così, mentre il dibattito nazionale si consuma dietro sterili polemiche sollevate, guarda caso, proprio nella giornata dedicata ai lavoratori, della sicurezza sul lavoro continua a non parlarne nessuno. Nel totale disorientamento dei servizi di Prevenzione delle Asl, private di risorse essenziali che potrebbero incentivare i controlli, va avanti una vuota retorica con cui ci si guarda bene dal mettere in luce una delle ragioni di tale strage annunciata: l’inerzia delle istituzioni. Ci riferiamo, in particolare, a quella che doveva essere la novità del decreto legislativo 81 del 2008 “Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”: la patente a punti per i datori di lavoro. L’articolo 27 comma 1 bis del provvedimento stabilisce questo nuovo sistema di qualificazione che ha l’obiettivo di ridurre il rischio di incidenti. Così come verificatosi per la patente di guida – che nei dieci anni di attuazione dell’attribuzione di un punteggio ha visto notevolmente ridotti gli incidenti stradali – si è pensato che simile provvedimento avrebbe costituito un incentivo per adeguare i sistemi di sicurezza e i controlli nelle imprese. A tutt’oggi però nulla di fatto. Manca il decreto attuativo per cui la norma resta soltanto una vaga promessa. Il suo funzionamento è semplice: esattamente come la disposizione in vigore per gli automobilisti, a ogni azienda o lavoratore autonomo viene assegnato un punteggio iniziale, che, in caso di violazione delle norme di sicurezza, è soggetto a decurtazioni. Avere zero punti comporterebbe lo stop delle attività. Una disposizione dura, lo comprendiamo, che potrebbe creare notevoli grattacapi a molte attività che finora sono andate avanti alla meno peggio sul piano della sicurezza. Riteniamo però improcrastinabile l’attuazione del dettato legislativo di cui, a nostro avviso, dovrebbe farsi carico la Conferenza delle Regioni, affinché venga emanato al più presto un regolamento univoco da far applicare ai responsabili e gli ispettori dei dipartimenti di Prevenzione e servizi di Sicurezza sul lavoro delle Asl. Andare avanti all’insegna dell’ambiguità non è più possibile, è necessario un cambio di rotta. Lo dobbiamo a Luana morta a 22 anni impigliata nell’orditoio dell’industria tessile di Prato, a Christian 49enne schiacciato da un tornio a Busto Arsizio, ad Andrea 37 anni, colpito implacabilmente da un sacco di mangime per animali vicino Parma, a Maurizio pressato da una lastra di metallo caduta dall’alto in una ditta vicino Bergamo. E ancora a Samuel, 19enne studente lavoratore morto insieme a Elisabetta, 50 anni, entrambi vittime dell’esplosione a Gubbio. Troppi per non agire subito. Purtroppo non i soli se alle vuote enunciazioni non seguiranno i fatti.

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