De Lellis di Rieti, la lunga odissea

Repetita iuvant. La Asl di Rieti bussa per la secondo volta alla direzione regionale della Programmazione sanitaria – competente sull’organizzazione della rete ospedaliera – con una relazione che dimostra la necessità di acquisizione delle risorse umane in deroga al blocco delle assunzioni. Dall’8 marzo scorso è partita la richiesta di medici e infermieri per l’ospedale De Lellis, per assicurare i servizi essenziali nel rispetto dello standard di 2,1 posti letto su mille abitanti, messo in crisi dal perdurare dell’emergenza. I solleciti però, più che essere accolti hanno dato il via al tiro incrociato di polemiche tra la giunta e la direzione della Asl accusata di essere “la causa principale della disorganizzazione”. Materia del contendere la richiesta di 7 deroghe per rimpinguare gli organici di radioterapia e oncologia, reparti a elevata complessità con notevole richiesta di prestazioni di estrema delicatezza. Sembra che il documento attenda una sola firma, quella del sub-commissario di governo Gianni Giorgi. Direzione aziendale e pazienti sperano ora che la relazione inviata il 23 agosto produca risultati. In essa il manager Rodolfo Gianani dimostra “l’assoluta necessità, in un contesto di sottodimensionamento rispetto ai fabbisogni, di mantenere la massima efficienza pena l’interruzione dei livelli essenziali di assistenza”. Spending review e rientro dal deficit però incombono: per il Lazio è previsto il taglio di altri 974 posti letto, tra ospedali pubblici e privati accreditati e di 500 primari. Il Fondo sanitario regionale sarà ridotto di 1 miliardo e 200 milioni di euro nel triennio 2012-2014, con l’inasprimento del blocco del turn-over. Dati che, aggiunti alle raccomandazioni del governo nel “Tavolo di verifica di attuazione del piano di rientro” dello scorso 24 luglio lasciano poche speranze. Il disavanzo, per dirla con i tecnici “a consuntiivo è pari a 774,938 milioni per il 2011 rispetto al miliardo del 2010 ma non è possibile erogare spettanze fino a quando la struttura commissariale (Renata Polverini, ndr) non porrà in essere tutte le iniziative al fine di dare concreta e puntuale attuazione di quanto evidenziato”. In sintesi: altri tagli, altre mancate assunzioni.

 

Nel Lazio 21 ospedali da chiudere entro il 31 ottobre 2012. Governatori in allarme sui tagli lineari

Frosinone, Latina, Viterbo futuro incerto

Mentre imperversa il toto ospedale su chi chiude e chi resterà aperto, le strutture ancora attive nella provincia fanno i conti con organici sempre più striminziti e problemi organizzativi di non poco conto. All’ospedale Spaziani di Frosinone le assunzioni sono bloccate ma le emergenze assicurate, salvo poi entrare in crisi quando aumentano gli accessi, dovuti alla chiusura dei pronti soccorsi dei centri limitrofi e alla paventata interruzione dell’attività del reparto di emergenza di Anagni che attende il responso del Tar il 4 dicembre. Se l’ospedale di Subiaco, nella Asl Roma G, nutre qualche speranza di salvezza, restano appese le sorti di Amatrice, Acquapendente e Magliano Sabina. Stessa sorte per il Santa Scolastica di Cassino mentre il De Posis sarà riconvertito a servizi socio-sanitari. Al Santa Maria Goretti di Latina crea difficoltà il taglio di 6 posti letto della neurochirurgia spinale mentre a Viterbo si attacca la spending review che porterebbe alla chiusura degli ospedali di Acquapendente, Montefiascone, Ronciglione e il ridimensionamento di Civita Castellana e Tarquinia. Il Padre Pio di Bracciano, nella Asl Roma F, graziato dal Tar attende ora analogo deus ex machina per riprendere la piena operatività, con la dotazione di risorse umane e strutturali.

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