Indagine Amsi: il futuro in medicina è donna

La salute ha il volto di una donna. Cresce infatti in Italia il numero delle dottoresse, specie tra i camici bianchi stranieri, tra cui il gentil sesso rappresenta il 45%, di cui il 10% è dentista. Area di provenienza più gettonata l’Europa dell’Est (Russia, Ucrania, Romania, Albania, Moldavia, ex Jugoslavia), seguita da Iran, Camerun, Congo, Somalia, Egitto, Libia. Il dato emerge da un’analisi dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e il fenomeno è in linea con quanto già accade con le dottoresse nate in Italia. Anzi, si può dire che nel nostro Paese il futuro della professione sembra segnato: sarà donna. Negli ultimi dieci anni – secondo i dati del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, elaborati dalla Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo), il sorpasso tra gli specializzati si è già consumato: su 67.980 specialisti, 35.986 sono donne e 31.994 uomini. Soprattutto pediatre, psichiatre dell’infanzia e genetiste. Ancora poche, pochissime, sono invece le specialiste in oncologia e chirurgia. Il quadro professionale è comunque variegato, in base alla provenienza delle professioniste. “Ad esempio – spiega Foad Aodi, presidente dell’Amsi, all’Adnkronos Salute – sono tante le specialiste che non sono riuscite a farsi riconoscere il loro titolo di specializzazione in Italia, in particolare quelle che arrivano dai Paesi dell’Europa dell’Est, che finiscono per esercitare come medici generici dopo il riconoscimento del diploma di laurea. Molte laureate di altri Paesi si sono poi specializzate in Italia. Le discipline più frequentate sono ginecologia, pediatria fisiatria, medicina d’urgenza”. La maggior parte delle donne medico straniere – circa il 65% – risulta sposata, o con italiani o con loro connazionali. Perlopiù si tratta di camici rosa che lavorano all’interno di strutture private. “Parliamo – sottolinea Aodi – di cliniche convenzionate, centri di fisioterapia, laboratori di analisi. Questo – spiega il numero uno dell’Amsi – perché non hanno la cittadinanza italiana”. C’è pure chi, giocoforza, finisce per abbandonare il camice. “Un numero considerevole di donne medico provenienti dai Paesi dell’Europa dell’Est – afferma il presidente dell’Associazione – non è riuscito a farsi riconoscere il titolo di laurea, e per difficoltà economiche ha optato per il lavoro di badante”. Nell’ultimo periodo si sta registrando un cambiamento legato al flusso degli arrivi. “Negli ultimi cinque anni – spiega Aodi – si è ridotto molto il numero dei medici che arriva dai Paesi dell’Europa dell’Est rispetto ai primi anni Novanta. Adesso – conclude – si registrano soprattutto arrivi di camici bianchi dall’Egitto e dai Paesi arabi in generale”.

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