Aborto, l’obiezione non piace alle donne

Sono dati raccolti a partire dall’8 marzo, attraverso una richiesta via pec indirizzata ai direttori generali delle Asl, a opera del coordinamento delle donne dei consultori del Lazio e della associazione “Non una di meno”. Una indagine “dal basso” sostengono le promotrici in una nota e il 28 settembre, “Giornata mondiale dell’aborto sicuro” l’hanno resa pubblica in una conferenza stampa organizzata sotto il ministero della Salute. Le cifre fanno riflettere: nelle strutture pubbliche i ginecologi obiettori risultano essere poco meno del 60%, più della metà dei medici in servizio, di cui il 19% opera nei consultori. Potrebbero essere dati incompleti, in quanto alcune aziende non hanno risposto ma la critica delle donne è radicale, soprattutto perché l’obiezione investe tutte le figure professionali attive nei servizi dedicati alle donne, come ostetriche, infermiere, anestesisti. Allarma il fatto che, in testa alla classifica degli ospedali che hanno il più alto numero di obiettori, figurano tre importantissime strutture della Capitale: Il Policlinico Umberto I con l’84% di chi si astiene da pratiche abortive, seguito dal Pertini (76%) e il San Camillo al 75%. Cifre che le donne definiscono “Inaccettabili, tanto da ricondurci alla pratica dell’aborto clandestino. Un’emergenza a cui bisogna rispondere immediatamente e con misure adeguate – insistono – che annulla la possibilità di applicare la legge 194 del ’78 e l’aborto farmacologico con la pillola Ru 486 consentita da un decreto regionale del 2014 firmato Zingaretti”.

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